Bruxelles – Volkswagen prepari i suoi avvocati, perché ne avrà bisogno. La casa automobilistica tedesca può essere oggetto di cause in qualunque Stato membro dell’Unione europea in cui sono acquistate i suoi veicoli. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’UE, che produce un vero e proprie terremoto nella vicenda Dieselgate, la produzione di veicoli a motori diesel con i valori dichiarati sulle emissioni diversi da quelle effettivamente prodotti, per cui la casa tedesca potrà essere portata alla sbarra in tutti i 27 Stati e costretta a difendersi davanti a ogni singolo tribunale nazionale.
I giudici di Lussemburgo accolgono le impostazioni dell’avvocato generale, e confermano che un costruttore di automobili i cui veicoli “illecitamente manipolati” in uno Stato membro sono rivenduti in altri Stati membri “può essere convenuto dinanzi agli organi giurisdizionali di questi ultimi”. Dunque le auto prodotte in Germania ma comprate all’estero sono oggetto di giurisdizione degli organismi di giustizia non tedeschi, ma degli Stati in cui è avvenuta la compravendita. Ciò perché “il danno in capo all’acquirente si concretizza nello Stato membro in cui egli acquista il veicolo”.
Il pronunciamento della Corte non deve sorprendere. Nella loro sentenza i giudici di Lussemburgo sottolineano come un costruttore di automobili stabilito in uno Stato membro che proceda a manipolazioni illecite su veicoli commercializzati in altri Stati membri “può ragionevolmente attendersi” di essere citato dinanzi agli organi giurisdizionali di tali Stati. A Wolfsburg, sede della Volkswagen, dovevano insomma aspettarsi le conseguenze legali delle proprie azioni. Adesso non resta che prepararsi alle piogge di ricorse che cadranno sul marchio tedesco.