Roma – Per gli stabilimenti balneari la proroga delle concessioni arriva fino al 2033. La notizia che l’emendamento al ‘decreto rilancio’ è stato recepito nel maxi emendamento approvato con il voto di fiducia, è arrivata anche a Bruxelles che ora sul tema riaccende i riflettori. Una questione su cui ormai si è perso il conto dei richiami alle violazioni del diritto comunitario, in applicazione della direttiva Bolkestein.
Durante il briefing odierno (9 luglio) la portavoce della Commissione Europea per il Mercato interno Sonya Gospodinova, ha risposto che quella sulle concessioni sulle coste “è una discussione che va avanti da molto tempo con le autorità italiane”. Ha poi ricordato che “c’è stata una sentenza della Corte di giustizia europea e in questo contesto la Commissione sta discutendo con le autorità italiane, affinché sia rispettata”. L’esecutivo è dunque “al corrente delle ultime novità sull’estensione delle concessioni” e prosegue il dialogo con le autorità italiane “per risolvere la situazione prima possibile e portare la legislazione italiana in conformità con la legge UE”.
La Commissione aveva già intimato all’Italia lo stop alle proroghe automatiche, dichiarandole inefficaci alla fine del 2020 ma già il precedente governo le aveva estese per ulteriori 15 anni, scelta confermata anche dal Conte 2.
A confermare le violazioni si è aggiunta l’ultima pronuncia del Consiglio di Stato del novembre scorso che nel respingere un ricorso ha riconosciuto “la non conformità al diritto europeo” delle proroghe delle concessioni demaniali marittime. Una sentenza molto puntuale, con il richiamo a tutte le violazioni e in particolare specificando l’interpretazione della direttiva Bolkestein rispetto alla cosiddetta “libertà di stabilimento” affermata in una ulteriore pronuncia della Corte di giustizia nel 2018. Questa, amplia la platea degli operatori e fornitori di servizi potenzialmente esclusi dalle gare pubbliche, conseguentemente alle concessioni automatiche, aprendo così la diga dei ricorsi.
In definitiva, l’incrocio di pareri e sentenze, comunitarie e nazionali, difficilmente potrà salvare la norma appena votata dal Parlamento, avviando l’Italia verso l’ennesima procedura d’infrazione. Di sicuro, quest’ultima decisione che cristallizza dei privilegi e ostacola la concorrenza, non mette in buona luce Il Paese rispetto alla richiesta di riforme economiche avanzata dall’UE in previsione del Recovery plan e la richiesta dei finanziamenti per il rilancio post Covid.