Bruxelles – Un’Europa prima e dopo il Covid-19. La pandemia ha segnato un punto fermo nella storia dell’Unione europea e obbliga oggi a una ridefinizione del suo futuro. A questo scopo il Parlamento europeo ha promosso un ciclo di incontri pubblici “Idee per un mondo nuovo” con filosofi, scrittori, economisti, esponenti della società civili per ragionare insieme sull’Europa post-Covid.
“Un momento di riflessione per capire dove siamo e cosa sta succedendo” dice David Sassoli, ma soprattutto verso quale direzione dovremmo andare. A questo dovrebbe servire la Conferenza sul futuro dell’Europa, annunciata e poi messa in secondo piano dal virus, pensata come un processo inclusivo e partecipativo per discutere del futuro dell’UE. E mentre la data d’inizio della Conferenza continua a slittare a causa della pandemia (auspicabilmente si terrà in autunno), il Parlamento europeo ha deciso intanto di mettere insieme società civile ed esponenti di spicco che gravitano intorno alla realtà europea per iniziare a ragionarci. In fondo da qualche parte bisognerà pur cominciare e come ricorda il presidente dell’Europarlamento “se non c’è riflessione non potrà esserci rinascita”.
Ma per parlare di un’Europa nuova e diversa, più democratica e più attenta ai bisogni dei suoi cittadini, il dibattito deve partire dal basso. Per questo nel primo incontro pubblico che si è tenuto oggi, moderato dal giornalista Fabio Fazio, il Parlamento ha voluto coinvolgere il filosofo Edgar Morin e lo scrittore Roberto Saviano. Prende le mosse in sostanza dal settore culturale, tra i più colpiti dalla pandemia a causa del confinamento imposto per limitare i contagi, e su la cui ripresa tanto i governi nazionali quanto la governance europea sembrano non preoccuparsi più di tanto. Ma si parte da qui soprattutto per analizzare alla radice i problemi e la crisi culturale in Europa, si sa, è un fenomeno di molto precedente allo scoppio della pandemia.
Idee, riflessioni, iniziative per capire da dove iniziare per far ripartire il continente europeo gravato dalla crisi. La ripresa non potrà essere solo economica perché se c’è una cosa che la pandemia ha messo in evidenza è proprio la carenza del progetto europeo dal punto di vista della politica. Un’unità politica che non c’è o che fa fatica ad emergere, gravata da forti divergenze che la pandemia ha contribuito ad aggravare. “Di fronte alla crisi gli Stati europei si sono chiusi in sé stessi” dice Morin e hanno dimostrato, soprattutto all’inizio, di voler andare ognuno per conto proprio. Globalizzazione e interdipendenza a nulla sono servite quando le società hanno deciso di richiudersi in loro stesse per fronteggiare l’emergenza sanitaria.
Ma anche se si riuscisse a trovare un accordo tra i Ventisette per un mutualizzazione del debito – sul tavolo del Consiglio europeo del 17 e 18 luglio – non è detto che sia sufficiente approfondire l’unità economica per uscire fuori dalla crisi. C’è un punto che emerge netto dalla riflessione dei tre interlocutori di oggi, ovvero che la ripresa non può partire da dove la crisi è iniziata, altrimenti si tornerebbe indietro al passato senza guardare al futuro. Invece l’emergenza sanitaria ha fatto emergere più consapevolezze, gettato le basi per pensare a un mondo nuovo. Stimolare la riflessione e il pensiero serve dunque a questo. A liberare la politica dai condizionamenti del passato e concentrarsi sullo sforzo di rinnovamento futuro. “Abbiamo l’occasione di impostare una nuova visione strategica di lungo periodo” ricorda Sassoli. Ma per farlo servirà un cambio di passo significativo per l’Unione europea. O, come suggerisce anche il titolo dell’incontro di oggi, servirà un vero e proprio cambio di paradigma.