Bruxelles – Il Green deal ha tenuto banco alla prima sessione plenaria dell’era Covid per il Comitato delle Regioni, svoltasi in modalità ibrida con il presidente Apostolos Tzitzikostas e alcuni membri in presenza e altri in collegamento. Tre giorni (da martedì a giovedì scorsi) di votazioni e dibattiti per recuperare la precedente riunione annullata a causa della pandemia.
Accanto al Green deal, la cui implementazione riguarda molto da vicino le amministrazioni locali, dossier su cui le istituzioni lavorano da tempo, come l’idrogeno verde e il fondo per una transizione giusta. Il Comitato ha ribadito il suo impegno per il patto verde con il lancio del gruppo di lavoro Green Deal Going Local, il quale si attiverà perché “città e regioni dell’UE siano coinvolte direttamente nella definizione, attuazione e valutazione delle numerose iniziative nel quadro del Green Deal”.
Non poteva mancare poi il dibattito sul quadro finanziario pluriennale, sulle proposte del Comitato sul programma di lavoro della Commissione per il 2021 e sulle sfide demografiche. Il Comitato ha inoltre adottato le priorità per i prossimi cinque anni di mandato.
Il CdR, organo consultivo dell’UE e assemblea delle realtà locali e regionali europee, durante il lockdown ha continuato a lavorare rafforzando la rete tra città e regioni con una piattaforma online, pubblicando bollettini periodici sull’impatto della crisi e digitalizzando alcuni eventi di punta. Tra questi la conferenza EuroPCom del 29 giugno dedicata alla comunicazione che proseguirà in presenza a dicembre.
Ha integrato inoltre il dibattito istituzionale sul fondo di ripresa e sul quadro finanziario pluriennale, invocando da subito un meccanismo UE per le emergenze con aiuti diretti ai leader locali e regionali alle prese con la pandemia. Il Parlamento europeo ha poi ripreso questa misura in una risoluzione comune.
Nel dibattito sul Green Deal, il presidente Tzitzikostas lo ha indicato come elemento chiave per la ripresa degli stati membri dal Covid-19, sottolineando il ruolo forte degli esponenti politici locali e regionali nella transizione ambientale. “C’è bisogno di una trasformazione verde e sostenibile in tutti gli angoli d’Europa”, ha affermato. Bisogna puntare su “investimenti verdi che creino posti di lavoro”. Secondo il presidente, “l’Europa deve porsi al fianco di città e regioni come si è posta al fianco dell’Europa intera, garantendo un accesso ai fondi rapido e che consenta di fornire i servizi necessari alle comunità”.
E’ proprio questo il filo rosso che collega i sei pareri del Comitato presentati e votati in plenaria. Ricordiamo che ben tre quarti della legislazione europea viene sottoposta al Comitato perché si pronunci, pur non essendo il parere emesso vincolante per il processo decisionale UE.
Uno dei focus è stato l’idrogeno pulito per la creazione di un’Europa climaticamente neutra. Oggi l’Europa consuma meno dell’1% di idrogeno, per la maggior parte non proveniente da fonti rinnovabili. Invece è un elemento chiave della decarbonizzazione necessaria nell’industria e nei trasporti. Se ne sono rese conto Germania e Francia che hanno lanciato di recente una coalizione dell’idrogeno verde, o pulito, scrivendo alla Commissione affinché aumenti gli investimenti.
La relatrice del parere sul tema Birgit Honé (PSE), ministra del Land Bassa Sassonia, punta su misure legislative e non per incentivare la creazione di un mercato unico UE dell’idrogeno verde, nonché su fondi per ricerca e innovazione finanziati dai proventi del sistema ETS, dal programma InvestEU, dai Fondi strutturali e di investimento europei e dal piano di ripresa per il Covid-19.
Secondo la ministra è necessaria una strategia europea e misure ad hoc perché “l’idrogeno verde crea grandi opportunità di protezione del clima, di creazione di valore e di occupazione”. Significativo se pensiamo che Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione con delega al Green Deal, potrebbe presentare a breve una strategia europea per l’idrogeno pulito. Una risorsa che potrebbe utilizzare anche l’Italia all’ex Ilva di Taranto in sostituzione del carbone creando un vero e proprio “acciaio verde”. Il nostro Paese, ha detto Timmermans, potrebbe fare leva sulle risorse europee del nuovo fondo per la transizione giusta, che oggi ammonta a 40 miliardi.
E proprio sul fondo per la transizione giusta, proposto dalla Commissione per sostenere le regioni nella transizione verso un’economia a bassa emissione di carbonio, si incentra il parere presentato da Vojko Obersnel (PSE), consigliere comunale di Fiume. Il Comitato chiede che l’ambito del fondo sia ampliato e che gli enti locali e regionali siano “coinvolti nella preparazione dei piani territoriali per una transizione giusta”. Preme inoltre per limitare le risorse trasferite al fondo “al 20% delle dotazioni iniziali del programma finanziato dal FESR e dal FSE+”, nonché di “concedere maggiore flessibilità alle autorità di gestione”.
Si è dibattuto anche della legge europea sul clima, che mira a conseguire la neutralità climatica in Europa entro il 2050, in linea con gli obiettivi del Green Deal. Per il relatore del parere sulla legge, Juan Manuel Moreno Bonilla (PPE), dall’Unione europea “ci si aspetta più di qualche obiettivo. C’è bisogno di maggiori risorse finanziarie e flessibilità nella spesa pubblica per far decollare gli investimenti locali nell’isolamento termico di case e scuole o nel trasporto pubblico pulito”. Il Comitato sta lavorando infatti affinché la legge sul clima sia “ambiziosa e socialmente equa” e diventi il perno di una “transizione che non lasci i cittadini e le regioni indietro”.
János Ádám Karácsony (PPE), relatore del parere sull’aria pulita nell’ambito dell’obiettivo zero inquinamento, ipotizza un legame tra quest’ultimo e la severità delle conseguenze del contagio da Covid19. Ecco perché la lotta all’inquinamento “deve diventare parte integrante del fondo di ripresa economica, affrontando il problema alla fonte e coinvolgendo i cittadini”.
I leader locali e regionali hanno inoltre appoggiato la proposta della Commissione di aumentare il fondo UE per le crisi rescEU di 2 miliardi di euro in preparazione a crisi future. “Non è una gentilezza ma una necessità”, afferma il presidente del CdR. “Deve trattarsi di un fondo permanente dell’UE e non di una riserva una tantum”. E gli enti locali e regionali vi devono avere accesso diretto, in spirito di “resilienza” e di collaborazione con la Commissione.
Sintesi naturale del dibattito ambientale della plenaria è stato l’intervento esterno di Dubravka Šuica, vicepresidente della Commissione per la democrazia e la demografia, impostato sulla recente pubblicazione del Rapporto sull’impatto dei cambiamenti demografici. Stretto sarebbe il legame, secondo il Rapporto, tra “cambiamento demografico e transizione verde e digitale”. Un dato fra tanti è la diminuzione del 40% della popolazione nella maggior parte delle regioni europee. Per questo il Comitato vuole impegnarsi per contribuire ad attutire le conseguenze socio-economiche legate a questo importante fenomeno, che potrebbe tradursi persino in una “perdita di fiducia nella democrazia nelle aree in cui la popolazione è in declino”.
La commissaria Šuica dichiara quindi che “è necessario sostenere le regioni più colpite dai mutamenti demografici nel mantenere e migliorare la qualità della vita con strumenti volti a trovare soluzioni innovative”.