Bruxelles – Dopo aver riaperto i confini interni allo spazio Schengen, è tempo per l’Unione europea di riaprire anche quelli esterni. Almeno in parte. I governi europei, a livello di rappresentati permanenti, hanno concordato oggi sulla riapertura delle proprie frontiere esterne e sulla fine delle restrizioni ai “viaggi non essenziali in UE” a partire dal primo luglio.
La riapertura sarà graduale e non sarà estesa da subito a tutti i Paesi extra-UE, per ora se ne contano solo 15: Algeria, Australia, Canada, Georgia, Giappone, Montenegro, Marocco, Nuova Zelanda, Ruanda, Serbia, Corea del Sud, Thailandia, Tunisia, Uruguay e Cina. Ogni due settimane si valuterà a quali nuovi Paesi terzi riaprire in base all’evoluzione delle loro condizioni epidemiologiche, come auspicato dalla Commissione europea che da mesi lavora per coordinare la gestione delle frontiere, esterne e interne, di competenza esclusiva degli Stati membri.
Nell’elenco attuale, Pechino è “bollata” con un asterisco perché i viaggi dalla Cina potranno riprendere solo se sarà rispettato il principio di reciprocità, ovvero quando e se i cittadini europei potranno tornare a circolare liberamente verso la Cina. Rimangono esclusi per il momento partner di rilievo per l’Unione europea come gli Stati Uniti, ma le ragioni sono di natura esclusivamente sanitaria: gli USA rimangono il Paese più colpito dalla pandemia da Coronavirus e contano ad oggi 129.544 morti (dati Johns Hopkins University). Esclusi anche il Brasile (58.314 morti) e la Russia (9.306 morti). La Commissione europea aveva già inserito i sei paesi dei Balcani occidentali (Albania, Kosovo, Bosnia Erzegovina, Montenegro e Serbia) tra i Paesi a cui riaprire nell’immediato, fin dal primo luglio, quando hanno riaperto i confini interni a Schengen. Questo perché la loro condizione epidemiologica era già molto simile a quella dei Paesi europei e anche per via del legame privilegiato che unisce i due blocchi di Paesi. A quanto risulta, però, solo Serbia e Montenegro per il momento sono finiti nell’elenco ufficiale dei Paesi a cui riaprire le frontiere esterne. Per gli altri, “che non rispettano i criteri epidemiologici”, bisognerà attendere le modifiche della lista nei prossimi giorni. Nel testo della raccomandazione viene inoltre specificato che “i residenti di Andorra, Monaco, San Marino e Vaticano dovrebbero essere considerati residenti in Unione europea ai fini della presente raccomandazione”, per cui devono considerarsi inclusi nella lista.
L’elenco sarà dunque modificato nel corso dei prossimi mesi: secondo le indicazioni di Bruxelles è previsto che ogni 14 giorni venga rivisto e aggiornato dal Consiglio, dopo “stretta consultazione con la Commissione e le agenzie e i servizi competenti dell’UE” si legge nelle raccomandazioni. Negli ultimi giorni, i rappresentanti degli Stati membri hanno negoziato una serie di criteri per l’allentamento delle restrizioni: la situazione epidemiologica e la risposta alla pandemia; la capacità di applicare misure di contenimento durante i viaggi (distanziamento fisico, norme igieniche); e infine il rispetto di un principio di reciprocità.
Quanto al criterio epidemiologico comune con cui stabilire a chi riaprire o no, il parametro prevede che si possa riaprire a Paesi che contino negli ultimi 14 giorni un numero di nuovi casi per 100 mila abitanti vicini o al di sotto della media europea (al 15 giugno 2020); a chi abbia una tendenza “stabile o decrescente” di nuovi casi in questo periodo rispetto ai 14 giorni precedenti; infine, anche tenendo conto della “risposta globale al Covid-19”, grazie alle informazioni disponibili (test, sorveglianza, tracciabilità dei contatti, contenimento, trattamento e comunicazione e affidabilità delle informazioni).
Le raccomandazioni non sono strettamente vincolanti, gli Stati membri hanno il pieno controllo delle proprie frontiere. Il fatto che l’accordo sia stato raggiunto a livello di rappresentanti dei governi fa pensare però che le raccomandazioni saranno rispettate da tutti. Per approvarle serviva la maggioranza qualificata, l’Italia ha votato a favore.