Bruxelles – Promuovere una cultura dello stato di diritto in Europa. La Commissione europea sta mettendo a punto una serie di iniziative per rendersi più efficiente nel sollecitare i governi europei a rispettare il principio dello stato di diritto, su cui l’UE si fonda. Servirà intanto costruire un dialogo interistituzionale con il Consiglio e Parlamento europeo. “L’interesse è comune” sottolinea il commissario europeo alla Giustizia Didier Reynders di fronte all’Europarlamento in uno scambio di vedute sul tema.
La pandemia e l’introduzione di misure restrittive da parte di molti governi ha reso ancora più evidente le difficoltà della Commissione nel gestire il tema. Complice anche l’inadeguatezza degli attuali strumenti a disposizione dell’Esecutivo per punire gli Stati che non rispettano i valori democratici, tra cui le procedure di infrazione e l’opzione prevista dall’articolo 7 del Trattato di Lisbona, ovvero la sospensione del diritto di voto.
Dal Berlaymont pensano che sia giunto il tempo di fare di più, introducendo a partire dai prossimi mesi nuovi strumenti più funzionali allo scopo, tra cui la prima relazione annuale sullo stato di diritto in Europa che sarà presentata auspicabilmente a settembre. I lavori procedono bene, riferisce il commissario europeo, e dunque non ci si aspettano grossi ritardi. “Abbiamo ricevuto il contributo di tutti gli Stati membri” e anche i pareri della FRA (Fundamental Rights Agency), del Consiglio d’Europa e di altre autorità competenti in materia. In particolare, l’attenzione della relazione annuale e degli esperti sarà rivolta alla verifica della trasparenza, alla condizione dei media e giornalisti, della natura imparziale dello Stato, della lotta alla corruzione, dell’accesso alla giustizia, della privacy: tutti quei principi fondamentali che rientrano nella definizione di stato di diritto.
Ma per la Commissione vincolare i fondi del prossimo bilancio comunitario (2021-2027) al rispetto dei valori europei rimane l’opzione più ottimale. Nei fatti, significa introdurre una condizionalità ai fondi europei, per cui a chi non rispetta i valori dell’Unione può essere precluso, in toto o in parte, l’accesso alle risorse. L’Esecutivo dovrà però stare attento a non punire e svantaggiare i diretti beneficiari del bilancio, come agricoltori, i cittadini.
Per rendere il sistema di tutela più efficiente, serve un processo decisionale più rapido ed efficace di quello attuale. C’è il rischio infatti che alcuni Stati, Polonia e Ungheria in primis, in sede di negoziato si oppongano a definire questo legame tra stato di diritto e accesso ai fondi. Da mesi ormai la Commissione propone di introdurre un sistema di voto a maggioranza qualificata inversa nel caso della condizionalità, per riuscire ad attivarla. Altrimenti, spiega Reynders, “potremmo facilmente ritrovarci in un vicolo cieco” con gli Stati che hanno maggiore possibilità di bloccare le raccomandazioni della Commissione (con la maggioranza qualificata la minoranza di blocco è 91 voti mentre, nel caso della votazione a maggioranza qualificata inversa, il numero minimo di voti richiesto per respingere una raccomandazione formulata dalla Commissione è 255, quindi molto più difficile da raggiungere).
Il tema sarà sul tavolo dei negoziati del prossimo vertice europeo del 17-18 luglio per discutere di bilancio dei prossimi sette anni. Non sarà facile strappare ai Ventisette un accordo anche sulla maggioranza qualificata inversa, ma è qui che il Parlamento europeo, che più volte ha ricordato l’interesse a far valere la sua funzione di controllo e di bilancio, potrebbe svolgere un ruolo importante. Anche per questo il commissario europeo si è rivolto oggi agli eurodeputati della commissione per le libertà civili dell’Europarlamento: la Commissione “conta sul vostro sostegno nei negoziati a venire” sul prossimo bilancio di sette anni.