Roma – Il Fondo monetario internazionale (FMI) spinge le previsioni a un nuovo ribasso e Roberto Gualtieri annuncia la terza manovra in pochi mesi. La caduta del Pil che secondo FMI tocca meno 12,8 per l’Italia, viene considerata dal ministro dell’Economia “pessimistica” con le stime del governo si avvicinano più a quelle di Bankitalia e dell’Istat, tra l’8 e il 9%. Tuttavia, riconosce che il pacchetto d’interventi messo in campo finora per tamponare la crisi non è ancora sufficiente e prevede per le prossime settimane un nuovo decreto tra i dieci e i venti miliardi di euro, per uno scostamento di bilancio che a questo punto potrebbe sfiorare i 100 miliardi.
Nel nuovo provvedimento saranno inserite ulteriori proroghe fiscali da diluire da settembre, per “allentare la pressione delle imprese più colpite” ha spiegato Gualtieri in audizione in commissione Bilancio alla Camera. Risorse aggiuntive per circa 3,5 miliardi saranno destinate ai Comuni in grave crisi di liquidità per la chiusura dei bilanci in seguito ai mancati introiti. Prevista anche una correzione sui meccanismi della cassa integrazione e un rafforzamento del fondo di garanzia già attivo nel decreto rilancio.
Luglio si annuncia dunque un mese cruciale anche per gli interventi attesi dall’Europa. La tempistica degli aiuti sarà determinante così come le scelte del governo nel mettere a punto il piano di rilancio del Recovery italiano con le annesse riforme che Bruxelles si attende e che ne rafforzeranno la capacità negoziale nella trattativa del Next generation EU – il meccanismo per la ripresa – e del Quadro finanziario pluriennale.
“Un pacchetto che andrà valutato in maniera complessiva” ha detto il ministro per gli Affari europei Enzo Amendola davanti alle commissioni di Camera e Senato, tracciando il percorso verso l’appuntamento del Consiglio europeo del 17 e 18 luglio. Parlamento italiano pienamente coinvolto, “prima di quella data il presidente del Consiglio Conte chiederà un voto sul mandato a negoziare” ha assicurato Amendola, un coinvolgimento che avverrà anche successivamente quando il pacchetto Recovery dovrà essere reso operativo.
“Si tratta di risorse che non sono a disposizione del governo ma del Paese” ha detto il ministro che ha confermato l’intenzione dell’Italia di presentare il piano di rilancio già a settembre con un anticipo di un mese sui tempi indicati dalla Commissione.
Tempistica sul quale insistono criticamente le opposizioni del centrodestra anche se il governo ricorda che una buona parte del pacchetto di aiuti può esser già attivata dagli Stati e resa subito disponibile. Si tratta della rete di sicurezza degli strumenti SURE, della linea di credito MES per le spese sanitarie e il supporto BEI di sostegno alle imprese, già approvati dal Consiglio europeo e dall’Eurogruppo e che insieme valgono 540 miliardi di euro.
Sul ruolo dei parlamenti è intervenuto oggi a Montecitorio anche il vicepresidente e Commissario europeo per le relazioni interistituzionali, Maros Sefcovic. Le ratifiche in tempi brevi saranno decisive, in particolare sulla proposta sulle risorse proprie dell’Unione nel nuovo bilancio. “Deve essere approvato da tutti, e una decisione rapida è un fondamentale preliminare per avviare le procedure di reperimento delle risorse sui mercati finanziari, da dispiegare e rendere operative già dal 1° gennaio 2021″.
Tornando sul negoziato che in questi giorni sta registrando una spinta significativa in una girandola di incontri bilaterali, Amendola ha ribadito la linea del Governo in difesa della proposta della Commissione “sia sull’ammontare che sulla composizione tra prestiti e sussidi”, una linea rossa che risponde a ciò che è necessario a tutti i Paesi per affrontare la crisi.
L’Italia si opporrà a compromessi al ribasso e il ministro Amendola spiega che un bilancio dell’intero pacchetto “sarà valutato anche alla luce della capacità di spesa e assorbimento di fondi per la ripresa rispetto agli obblighi e meccanismi di contribuzione e rimborso”. Valutazione che poi riguarderà anche il plafond del Quadro finanziario pluriennale, i 1.100 miliardi per i prossimi sette anni che i Paesi cosiddetti frugali e i beneficiari dei ‘rebates’ vorrebbero ridurre.
“Affronteremo le divergenze negoziali” con l’intento di ragionare su una soluzione politica”, ha concluso il rappresentante del governo, annunciando una sua visita nei Paesi Bassi il 1 luglio per una serie di incontri anche a livello parlamentare.