Bruxelles – Dopo le pressioni del Parlamento europeo, gli Stati membri, a livello di ambasciatori, hanno concordato ieri una posizione comune sulla Conferenza sul futuro dell’Europa, che dovrà essere istituita non appena “le condizioni epidemiologiche lo consentiranno”. Rimandata a causa della pandemia, doveva aprirsi simbolicamente il 9 maggio 2020, giorno in cui si sono celebrati i settant’anni della Dichiarazione Schuman che si considera il primo passo compiuto verso l’integrazione europea. Probabilmente partirà in autunno, ma una data ancora non c’è. Bisognerà attendere di conoscere nel dettaglio le priorità della Germania, che a partire dal primo luglio assumerà la presidenza di turno del Consiglio UE. E molto dipenderà dall’evoluzione della pandemia in Europa.
Intanto, il documento approvato ieri apre la strada alle discussioni tra Parlamento, Consiglio e e Commissione, che dovranno maturare una dichiarazione congiunta per stabilire la data. Il testo definisce, inoltre, le modalità di questa iniziativa pensata come un dibattito inclusivo e partecipativo con cittadini, istituzioni e società civile per individuare le priorità dell’UE per i prossimi anni e soluzioni concrete alle sfide su cui sarà chiamata a confrontarsi. Gli Stati chiedono che si concentri “su come sviluppare le politiche dell’UE a medio e lungo termine per affrontare in modo più efficace le sfide che l’Europa deve affrontare”.
Proprio la pandemia, che ne ha fatto slittare la data di inizio, ha reso ancora più urgente la sua istituzione, evidenziando debolezze e divisioni di un progetto europeo che deve essere ripensato. Ne sono testimonianza la scarsa solidarietà dimostrata dagli Stati nelle prime settimane di diffusione del virus e le criticità di un’Unione priva, o quasi, di competenze in materia sanitaria o di gestione dei confini interni ed esterni. È evidente che la pandemia giocherà un ruolo chiave sui lavori della Conferenza, che si concentreranno non solo sulla sostenibilità, sulla rivoluzione digitale, sulle sfide sociali – tutte priorità individuate all’inizio di questa legislatura – ma soprattutto sulle ripercussioni economiche della pandemia e gli insegnamenti che si possono trarre dalla crisi.
Nell’ultimo punto del documento approvato ieri in seno al Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti) gli Stati fanno però un passo indietro su una questione che probabilmente alimenterà un confronto aspro con il Parlamento europeo. Gli eurodeputati hanno chiesto a più riprese nel corso dei mesi precedenti di non escludere a priori una revisione dei Trattati dell’Unione europea, per rendere il progetto di riforma più incisivo. Il Consiglio UE è categorico nel ricordare che la Conferenza “non si inserisce nell’ambito dell’art. 48 del Trattato sull’Unione europea“, quello che stabilisce le procedure per la riforma dei Trattati.
Quanto alle modalità di organizzazione, la gestione della Conferenza, si legge, “dovrà essere paritaria tra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo” ciascuna con le proprie prerogative e con la stretta collaborazione dei parlamenti nazionali. A presiedere la Conferenza dovrà essere “un’eminente personalità europea, scelta dalle tre istituzioni dell’UE”. A livello pratico, per garantire l’effettivo coinvolgimento dei cittadini, dovranno essere organizzati dibattiti, anche a livello nazionale e regionale, e soprattutto sfruttando “piattaforme Internet multilingue e panel di cittadini negli Stati membri e a livello europeo”. Soprattutto se dovessero continuare le restrizioni a mobilità e assembramenti per ragioni sanitarie, si dovrà dare ulteriore impulso alle piattaforme digitali, anche se “la partecipazione fisica e gli scambi faccia a faccia dovrebbero rimanere una parte essenziale della Conferenza” sottolinea il mandato del Consiglio.