Bruxelles – Troppa burocrazia, tempi troppo lunghi, così il piano di salvataggio della Commissione europea per il dopo-pandemia rischia di non funzionare. Questa è la maggiore preoccupazione che Giuseppe Conte dovrà affrontare domani dalle 10.00 al Consiglio europeo, a parte, ovviamente, lo scontro con i Paesi “Frugali” che vogliono proprio minare le fondamenta del piano comunitario. Un Consiglio che non sarà risolutivo, lo hanno spiegati tutti i leader, in attesa di un incontro fisico nel mese di luglio.
Il presidente del Consiglio questa volta però non chiede e basta. Dà il buon esempio e ha già promesso, ieri davanti al Parlamento, che il Piano nazionale per la ripresa sarà pronto a settembre, almeno qualche settimana prima della scadenza che è stata fissate alle capitali per la metà di ottobre. Spinge sull’acceleratore il premier perché l’Italia ha bisogno di soldi subito, “ieri” si dovrebbe dire, e dunque vuole mettere pressione su Commissione e partner.
Ma c’è un problema. La Commissione prevede che impiegherà quattro mesi per esaminare i piani nazionali, e poi sarà necessario un “decreto attuativo” che richiederà sembra altri due mesi per l’esborso di prima rata. E’ troppo tempo. Fonti diplomatiche a Bruxelles assicurano che l’esecutivo von der Leyen “ne conviene” e sembra stia cercando una via per abbreviare i tempi. Anche perché, si fa osservare, c’è una contraddizione di fondo, in questo approccio così “bizantino”: i tempi sono lenti, ma per la Recovery facility, il braccio più pesante del Piano complessivo, il 60% delle risorse va impegnato entro il 2022 (e poi il totale entro il 2024), e se i tempi di attivazione sono troppo lunghi questo rende più difficile utilizzo di risorse in tempi brevi.
L’obiettivo dell’Italia, a quanto si apprende, è di arrivare a dimezzare i tempi dell’istruttoria della Commissione.
C’è poi un altro tema, sul quale l’Italia sembra essere in grande difficoltà: il progetto “ponte” per liberare alcuni miliardi già nel 2020 trova molti ostacoli, che sono difficili da superare. “A cosa serve liberare in totale poco più di 10 miliardi se c’è il Mes a Disposizione che può erogare subito?”, si domandano molti governi. E dunque proprio su questo fonte del Mes che potrebbe crollare il ponte. Ma l’Italia, a quanto pare, è ancora intenzionata a non usarlo.
“Domani ci sarà solo un primo scambio. Le decisioni si potranno prendere soltanto quando ci incontreremo fisicamente“, ha confermato oggi Angela Merkel nella tradizionale comunicazione al Bundestag prima di un Consiglio europeo. “La cosa migliore sarebbe se si arrivasse a un accordo prima della pausa estiva”, ha aggiunto con una frase che è un impegno, dato che dal primo luglio la presidente di turno dell’Unione sarà proprio la Germania.
La cancelliera ha ribadito che il Recovery Fund è “uno strumento doveroso e urgente in questo momento”, perché potrà assicurare “convergenza, competitività e coesione nel lungo periodo, perché bisogna evitare che “la pandemia crei forti squilibri economici e produca una divisione profonda in Europa”.