Bruxelles – E’ concepita per far rispettare l’embargo di armi alla Libia decretato dalle Nazioni Unite, ma Irini, la missione a guida europea nel Mediterraneo centrale, non funziona e non può funzionare, perché mancano le risorse navali e aeree sufficienti per garantire il monitoraggio dell’embargo. Considerate tutte le difficoltà iniziali con cui la missione che ha sostituito l’operazione Sophia è stata avviata, “molto è stato fatto” riconosce l’Alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza UE, Josep Borrell, consapevole che si deve fare ancora di più e meglio.
Per far questo servirà l’appoggio degli Stati membri, a cui Borrell ha chiesto di “fornire tutte le risorse necessarie per rafforzare l’operazione Irini” in occasione della riunione del consiglio Affari esteri dedicato alla Difesa e organizzato alla vigilia del vertice ministeriale della Difesa della NATO in cui sarà discussa proprio la possibilità di stabilire una cooperazione tra Alleanza Atlantica e operazione Irini per il monitoraggio della costa orientale libica. La NATO si era già espressa fortemente a favore degli sforzi delle Nazioni Unite e del processo di Berlino per una soluzione politica al conflitto nella regione.
L’obiettivo primario dell’operazione Irini è l’attuazione dell’embargo di armi rinnovato dall’ONU per un altro anno, attraverso “asset aerei, satellitari e marittimi”. A chi gli chiede che tipo di risorse abbia chiesto ai ministri europei, il capo della diplomazia UE risponde che serviranno soprattutto risorse navali e aeree. Borrell fa il paragone con l’antenata di Irini, l’operazione Sophia, che ha cessato le attività alla fine di marzo e che disponeva di almeno cinque asset marittimi. Dopo quattro mesi dalla sua approvazione, la nuova missione Irini dispone al momento solo di una nave greca e una italiana. “Ce ne servono di più”.
Al vertice in videoconferenza ha partecipato anche Thierry Breton, commissario europeo responsabile per il Mercato interno e l’Industria, il quale insieme alla Commissione ha annunciato oggi i 16 progetti paneuropei di difesa industriale e tre progetti tecnologici che beneficeranno di un finanziamento di 205 milioni di euro attraverso i due programmi europei di azione preparatoria per la ricerca sulla difesa (PADR) e quello di sviluppo industriale della difesa (EDIDP). “Sviluppando tecnologie di alto livello e capacità di difesa, stiamo rafforzando la resilienza e l’autonomia strategica dell’UE” sottolinea Breton, aggiungendo che il Fondo europeo per la difesa, che entrerà nel prossimo Bilancio comunitario pluriennale, “con il giusto livello di finanziamento, consentirà di aumentare significativamente questi primi successi”.