Roma – Gli inviti sono partiti anche fuori confine. Agli Stati generali dell’economia, il programma di rilancio per il dopo Covid, Giuseppe Conte vorrebbe anche degli ospiti speciali come la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, del Parlamento David Sassoli e la direttrice del Fondo monetario internazionale Kristalina Georgieva. Pensata in video conferenza, la sessione dedicata ai big internazionali, Nobel ed economisti che Palazzo Chigi vorrebbe coinvolgere, non è ancora stata fissata ma fa parte della strategia per mostrare le buone intenzioni sulle riforme e la volontà concreta di ripartire.
Fin qui i propositi alla vigilia di un negoziato sul Recovery fund a cui il piano italiano si dovrà intrecciare e destinare risorse, prestiti e finanziamenti, che neppure nell’ammontare sono ancora certe. Gli Stati generali dell’economia partiranno venerdì nella prestigiosa sede di Villa Pamphilj, una scelta che già ha attirato su Palazzo Chigi la critica di voler trasformare l’iniziativa in un evento mediatico. Malumori e rumori nella maggioranza, alimentati anche dal piano di ripartenza elaborato dalla task force guidata dal manager Vittorio Colao e consegnato al governo ieri. Il documento traccia la strada del rilancio secondo gli esperti, un tomo di 121 pagine per 100 proposte divise tra sei aree d’intervento, tra imprese e lavoro, infrastrutture e ambiente, digitalizzazione e conoscenza, turismo e cultura,
Nel governo e nello staff intorno al premier Conte, l’hanno subito collocato “tra le proposte in campo”, che insieme ad altri tasselli entreranno nel confronto delle sessioni programmate a Villa Pamphilj. Incontri che coinvolgeranno le parti sociali, imprese, sindacati e associazione di categoria, le opposizioni in Parlamento e la galassia al completo dei corpi intermedi. Fase di ascolto e non decisioni già prese, secondo le intenzioni di Conte che in questi giorni è marcato a vista dall’alleato principale del Partito democratico che comincia a soffrire il suo protagonismo.
Con un debito che salirà secondo le ultime previsioni al 156%, “non possiamo permetterci di sbagliare” ha detto ieri il segretario Dem Nicola Zingaretti, un riferimento tutto dedicato a come verranno utilizzate le risorse che arriveranno soprattutto dall’Europa. La richiesta di un cambio di passo che mostra qualche insofferenza verso gli alleati del Movimento 5 Stelle e lo stesso premier, trova il suo sfogo anche sul tema più combattuto dentro la maggioranza, l’utilizzo del MES, su cui il PD prosegue il pressing. Risorse subito disponibili, un prestito a tassi irrisori o addirittura negativi, per le quali non si capisce l’opposizione del Movimento, anche in ragione di una trattativa dove le richieste dell’Italia sono state praticamente accolte tutte.
Maggioranza che allentata la tensione che l’ha compattata durante la grande emergenza, ora sta mostrando i suoi limiti, di linea e di prospettiva, che nel momento cruciale per impostare la ripresa non è un buon segnale. Non lo è per le istituzioni e i partner europei che in questi mesi stanno dimostrando un’attenzione e una disponibilità non consueta verso l’Italia.
Essere all’altezza e non sprecare l’occasione, dovrebbe essere la modalità d’approccio in tale contesto. Scegliere riforme e investimenti di sviluppo sostenibile e abbandonare scelte di spesa corrente e di modelli economici passati, non significa obbedire a Bruxelles ma procedere nella direzione della Next generation EU e nel Green new deal, sintonie che il premier Conte non manca di sottolineare. Il Recovery plan italiano sarà pronto a settembre ma forse qualche passo potrebbe essere fatto da subito, cambiando verso a decine di emendamenti del ‘decreto rilancio’, all’esame del Parlamento in queste settimane. A cominciare dalle rottamazioni e le decine di incentivi da dedicare all’economia sostenibile e a favore di investimenti green.