Bruxelles – Una data di inizio per la Conferenza sul futuro dell’Europa, che doveva aprirsi lo scorso 9 maggio, ancora non c’è. In realtà non si ancora quando potranno ripartire i lavori preparatori a livello interistituzionale per l’iniziativa dedicata a riformare la democrazia europea. Manca, spiegano da Bruxelles, una posizione negoziale comune a livello di Stati membri, in un Consiglio UE che “continua a temporeggiare”. I negoziati sul tema “sono ancora in corso” conferma la presidenza croata di turno al Consiglio.
Le altre due istituzioni concordano sulla necessità non rimandare oltre lo slancio di riforma, rallentato nei fatti causa pandemia. Dalla commissione Affari costituzionali dell’Europarlamento è stata ribadita oggi l’urgenza di avviare la Conferenza il prima possibile, auspicabilmente già a settembre. Per farlo bisognerà concludere una dichiarazione congiunta tra Parlamento, Consiglio e Commissione già prima dell’estate. A tal fine, il liberale Guy Verhofstadt ha proposto “una risoluzione politica e sintetica” per affrontare la questione nel corso della prossima plenaria di giugno, in modo da rendere possibile la conferenza subito dopo l’estate, sotto la guida tedesca del Consiglio UE. Come Parlamento “dobbiamo mandare un messaggio politico forte, perché i lavori non siano ulteriormente rimandati”.
A un anno esatto dalle ultime elezioni europee, ricordano gli eurodeputati, si rende ancora più urgente sollecitare un dibattito interattivo e partecipativo sul futuro dell’Unione europea, tenendo in considerazione l’idea di poter mettere mano ai trattati. Un processo di riforma dal basso, che proprio il Coronavirus, che nei fatti ne ha ritardato l’attuazione, ne ha anche reso più urgente la convocazione, evidenziando fragilità e divisioni all’interno dell’unità europea. Per questo andrà ripensata anche l’agenda della Conferenza, dando più spazio e dedicando più tempo alle carenze dell’UE e dei suoi stati membri, oltre che alla nuova realtà post-Covid.