Roma – Il piano da 500 miliardi messo in piedi da Angela Merkel e Emmanuel Macron, “è un primo passo importante” per il governo italiano, che tuttavia non rinuncia a voler ampliare la posta e continuare la trattativa. Si vedrà come e quanto raccoglierà del piano franco tedesco, la Commissione europea che il 27 maggio dovrebbe presentare la sua proposta che in ogni caso dovrà tenere conto dei primi giudizi contrari arrivati da Paesi Bassi, Svezia, Austria e Danimarca.
“La nostra ambizione non è di aumentare la capacità di finanziamento nel range di centinaia di miliardi, ma piuttosto di una cifra che supera i mille miliardi di euro, e in questo caso parliamo sia di prestiti che di sovvenzioni”, ha detto Valdis Dombrovskis.
Conferma la cifra il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, intervistato dal TG3 questa sera, al quale ha detto che “Francia e Germania hanno parlato di 500 mld di sovvenzioni, siccome il fondo sarà un mix tra sovvenzioni, crediti agevolati, prestiti di lunga durata vedrete che alla fine non saremo molto lontani da quelle cifre di cui abbiamo parlato, attorno al migliaio di miliardi”.
Parole che rassicurano chi in Italia aveva paventato una riduzione finanziaria dello strumento che si sta costruendo per la ripresa post Covid dell’economia europea. Il vicepresidente esecutivo ha voluto precisare che il piano presentato ieri da Francia e Germania è un contributo di cui la Commissione terrà conto: “non farà un copia-incolla ma rafforzerà la nostra proposte di Recovery instrument”. Spiegando poi il meccanismo che è in fase di studio, Dombrovskis ha ricordato la necessità di agire rapidamente e trovare un accordo sul Quadro finanziario pluriennale per “assicurare che i fondi arrivino già nel 2021” e possibilmente qualcosa anche già nell’anno in corso. “Le risorse devono arrivare il prima possibile”, dice anche Gentiloni.
I tempi dunque non saranno né domani né dopo, anche se in Italia qualcuno fa già i conti su come spendere un plafond di 100 miliardi, stock finanziario che in realtà non ha mai indicato nessuno, tantomeno Merkel e Macron nella proposta fatta ieri. Un’altra fuga in avanti è quella di considerare le risorse subito disponibili senza contropartite, mentre lo strumento dovrà in qualche modo essere finanziato, anche attraverso dei titoli dai 27 paesi dell’Unione.
“Ieri un buon primo passo e continueremo a negoziare” ha detto prudente il ministro per gli Affari europei Enzo Amendola, che anche per verificare i margini di trattativa ha avuto un colloquio al telefono con il ministro degli Esteri olandese Stef Blok, con al centro i principali temi dell’agenda di queste settimane, il QFP e il Recovery fund.
In vista della proposta della Commissione, prevista per la prossima settimana, il negoziato procede per canali bilaterali informali tra gli Stati. Un’altra telefonata è partita da Palazzo Chigi: il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha chiamato Emmanuel Macron, che finora ha schierato la Francia al fianco dell’Italia per un piano “in direzione di un risultato ambizioso e di una risposta economica europea all’altezza della sfida”. Con lo stesso obiettivo, il premier italiano ha parlato anche con la cancelliera tedesca Angela Merkel.
Con queste promesse che pure non sono ancora definite, il salvagente europeo sta prendendo forma, e già oggi con l’approvazione dello strumento Sure della cassa integrazione dotato di un fondo da 100 miliardi, le batterie sovraniste di mezza Europa, appaiono fortemente spiazzate. La proposta franco tedesca è stata irrisa da Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che l’hanno scartata a priori, solo perché avanzata da Merkel e Macron “che decidono tutto loro”. Troppo poco per convincere gli alleati di Forza Italia che invece danno un primo giudizio positivo e a Bruxelles fanno sponda con il governo e rafforzare le posizioni dell’asse dei Paesi che sfidano l’austerity.
Armi spuntate pure sulla nuova linea di credito per le spese sanitarie promossa dal MES, per mesi in Italia fonte di polemiche. Un prestito molto vantaggioso, che sarà disponibile già dal mese di giugno, e ora trova posizioni più morbide non solo nel Movimento 5 Stelle ma anche tra i presidenti di regione del centrodestra, compresi i leghisti Attilio Fontana, Luca Zaia e Massimiliano Fedriga.