Roma – Le regole per le riaperture delle frontiere nel dopo Covid stanno prendendo forma, a cominciare dalle raccomandazioni suggerite dalla Commissione ai Paesi membri. Il ritorno alla piena operatività di Schengen sembra ancora lontano e i criteri per una riapertura graduale passano ovviamente per le condizioni epidemiologiche e della curva contagi di ogni singolo Paese. Possibili gli accordi tra Stati con condizioni simili e prossimi a una normalizzazione sanitaria, stabiliti anche a livello regionale e locale, fermo restando il principio di non discriminazione.
Uno Stato membro che decida di consentire i viaggi nel proprio territorio o in regioni e zone specifiche al suo interno, deve consentirlo da ogni zona, regione o paese dell’UE che presenti condizioni epidemiologiche simili. Insomma, le restrizioni dovranno essere eliminate senza distinzioni per tutti i cittadini dell’UE e residenti, indipendentemente dalla cittadinanza. Orientamenti e raccomandazioni e qui si paventa un possibile contrasto con quelle che sono competenze di esclusiva nazionale: ‘tu Commissione puoi suggerire e raccomandare ma su questa materia è lo Stato che dice chi far entrare e chi no’. Dunque, sarà un bel problema conciliare le due cose.
La competizione sul fronte turistico sarà di sicuro fortissima e a fare le spese di eventuali accordi privilegiati (già annunciati da Germania, Francia, Austria e Svizzera) saranno certamente Italia e Spagna che hanno avuto un impatto epidemico molto pesante e sarebbero già finite sulla lista nera delle cancellerie europee. Due nazioni che nel ranking delle mete preferite sono al primo e secondo posto e che da sole assorbivano in condizioni di normalità circa il 40 per cento dei flussi turistici estivi di tutta l’UE. Un bel bottino da conquistare per gli altri. Nella prossima estate balneare potrebbero cedere milioni di presenze a paesi come Grecia, Croazia e Slovenia, paesi poco colpiti dalla pandemia.
Un primo allarme è stato raccolto ieri dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha detto di ritenere “inaccettabili i corridoi privilegiati” e di aver parlato con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, affinché l’Europa vigili su questa evenienza, che “sarebbe la distruzione del mercato unico perché significherebbe che all’interno dell’Ue il turismo verrebbe determinato e condizionato da accordi bilaterali”.
A ridimensionare l’allarme, il ministro dei Beni culturali e turismo, Dario Franceschini, secondo cui i corridoi privilegiati tra Stati non corrispondono alla realtà. “Abbiamo posto ormai da più di un mese con iniziative singole dell’Italia, con diversi colloqui bilaterali con il commissario europeo (Thierry Breton ndr) e con vari ministri dei singoli stati”. Sono stati condivisi “documenti scritti per chiedere che ci siano regole uniformi per il passaggio delle frontiere dei turisti. Questo è l’impegno dell’Unione europea e quello che noi dobbiamo sostenere: regole comuni e non malsana concorrenza”. Un impegno preso anche dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio che sta “lavorando per evitare che ci siano accordi bilaterali tra Paesi e permettere a tutti i turisti europei di muoversi all’interno dello spazio europeo”. Già lunedì la questione sarà al centro di una call che oltre all’Italia prevede la partecipazione tra ministri degli esteri di Germania, Austria , Croazia, Cipro, Grecia, Spagna, Portogallo e Slovenia.
Ad impegnarsi per il rispetto del principio di non discriminazione il Partito democratico con il deputato Piero De Luca che a proposito dei primi accordi annunciati, in particolar modo dalla Germania, dice che “per ora siamo alle dichiarazioni, mi sento di rassicurare tutti i nostri operatori turistici che a livello europeo siamo concentrati con il governo per evitare che l’Italia venga tagliata fuori”.