Bruxelles – La zona di transito di Röszke, alla frontiera serbo-ungherese, dove sono trattenuti i richiedenti asilo, è da considerare “una zona di detenzione”, e per questo motivo i cittadini extra-comunitari non possono essere trattenuti per più di quattro settimane. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’UE, che esorta i giudici ungheresi a verificare la situazione ed eventualmente disporre il rilascio delle persone. Una decisione che rappresenta il primo tassello di un problema molto più grande.
Cittadini afghani sono arrivati in Ungheria via Serbia, con le autorità ungheresi che hanno rifiutato le domande di protezione internazionale e decretato l’espulsione dei richiedenti asilo in Serbia, da dove sono venuti. Belgrado non ha però accettato di riprendersi i cittadini afghani. La disputa che ne è nata ha costretto i richiedenti asilo a rimanere fermi nella zona di transito di Röszke. La Corte dice che lì quelle persone non possono rimanerci, e dunque rimane irrisolto il problema di dove debbano andare gli afghani.
Il pronunciamento dell’organismo di Lussemburgo si riferisce solo alla zona di transito, dove viene riconosciuta misura di detenzione. Si precisa che per “detenzione” si intende “una misura coercitiva che presuppone la privazione, e non una mera restrizione, della libertà di movimento della persona interessata e isola quella persona dal resto della popolazione, richiedendole di rimanere sempre all’interno di un’area limitata e chiusa”.
C’è, dunque, “una privazione della libertà”, tra l’altro perché le persone interessate non possono lasciare legalmente quella zona di loro spontanea volontà in nessuna direzione. Lasciare la zona di transito per tornare in Serbia sarebbe considerato illegale dalle autorità serbe col rischio di sanzioni, e allo stesso tempo potrebbe comportare la perdita di qualsiasi possibilità di ottenere lo status di rifugiato in Ungheria. Nel frattempo i richiedenti asilo sono costretti a rimanere sospesi in questo limbo giuridico che è anche frutto delle politiche anti-immigrazione dei due Paesi.
Dunque, se anche le autorità ungheresi dovessero decidere di rilasciare i nazionali afghani, si porre comunque il problema cosa fare di loro, stabilito che le autorità nazionali hanno già detto che non intendono riconoscere protezione e i serbi non intendono riprendersi gli afghani. “Questa sentenza porta con sé altre questioni”, ammettono da Lussemburgo. La storia non finisce qui.