Bruxelles – Se i soldi di un eventuale riscatto per la libertà Silvia Romano, la giovane cooperante rapita in Kenya nel novembre 2018 e liberata dopo essere stata tenuta prigioniera in Somalia, fossero stati usati per comprare armi, per l’Unione europea “sarebbe un problema”.
L’uso del condizionale è d’obbligo dal momento che il pagamento di un riscatto per liberare Romano è solo presunto, mai confermato da alcuna fonte istituzionale italiana, né da Palazzo Chigi né dalla Farnesina. Ma alla domanda diretta di un giornalista se “il pagamento di un riscatto costituisca un problema” per Bruxelles, alla luce delle dichiarazioni “che il portavoce di al Shabaab (il gruppo terroristico che ha rivendicato il rapimento di Romano in questi mesi) ha rilasciato a La Repubblica per cui una parte di quei soldi serviranno per comprare armi”, Josep Borrell in conferenza stampa ha risposto “sì, sicuramente sarebbe un problema”. L’alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea ha però aggiunto “francamente non ho altre informazioni da darvi. Sono spiacente” (“It must be a problem for sure, but frankly speaking I don’t have more information to give to you, sorry’”).
Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, intervistato in una trasmissione televisiva, ha prontamente smentito che ci sia stato un pagamento, dichiarando “a me non risultano riscatti, altrimenti dovrei dirlo”. E aggiunge “perché la parola di un terrorista che viene intervistato vale più di quella dello Stato italiano?”, ha detto in riferimento alle parole del portavoce degli Shabaab. La stessa linea del governo Conte è confermata anche dal ministro della Salute, Roberto Speranza.