Bruxelles – Sono certamente una risposta, ma al momento portano ancora con sé troppe domande. Ancora troppi punti interrogativi, ancora troppe questioni aperte, che richiedono un lavoro deciso soprattutto negli aspetti più controversi. Ma non c’è dubbio che le applicazioni di tracciamento per smartphone sono già una realtà ed è solo questione di tempo, prima che possano essere utilizzate per gestire la diffusione e la propagazione del Coronavirus in società. Questi alcuni degli spunti offerti da Eunews nel dibattito di stretta attualità sulle tecnologie di tracciamento, in occasione dello SmartEvent “App di tracciamento: Immuni & co. Amiche invadenti?”
Il problema di fondo è la necessità di avere regole uguali per tutti, in un’Unione europea dove l’UE però non ha competenze esclusive in materia di sanità e ordine pubblico, lasciate agli iniziative dei governi nazionali. Ecco perché servirà un accordo a 27 su quelli che sono i sette principi fondamentali da seguire se si vuole che tutto funzioni. Li elenca Alessandra Fratini, avvocato dello Studio Legale Fratini-Vergano. In primo luogo l’autorità sanitaria nazionale deve essere responsabile del trattamento dei dati, poi va garantito che siano gli individui a mantenere il controllo dei dati. “Vuol dire che l’utilizzo dell’applicazione deve essere volontaria e non ci devono essere conseguenze negative per chi non la usa”, e vuol dire anche che “i dati di prossimità devono essere immagazzinati sull’apparecchio della persona che lo usa”.
In terzo luogo serve la minimizzazione dei dati, principio che pone la questione dei dati adeguati. “Le app di tracciabilità devono utilizzare solo dati ‘pertinenti’”, sottolinea Fratini. Che spiega: “Pertinente è tutto ciò che è legato alle funzionalità dell’app, e le funzionalità possono essere diverse”. Bisognerà chiarire che funzionalità prevedere. Ancora, i dati dovranno essere conservati per un periodo limitato, che la giurista immagina in “trenta giorni”, e gli stessi dati dovranno essere criptati. Ultime condizioni da soddisfare l’interoperabilità delle applicazioni e autorit garanti nazionali coinvolte nel processo di selezione.
E’ la sesta condizione, quella dell’interoperabilità, la chiave di tutto. “L’interoperabilità è
necessaria per ritornare a uno stile di vita normale”, e tornare ad avere l’Unione europea, sottolinea Francesco Vatalaro, Professore Ordinario di Telecomunicazioni all’Università di Roma Tor Vergata. “La libera circolazione è il fondamento dell’UE”, e dunque servono app che sappiano comunicare tra loro. Il mercato è fiorente. “A livello mondiale ci sono almeno 150 app, diverse decine delle quali già sviluppate in Europa”. Ma ci sono due problemi. “Ci sono frammentazioni nazionale e tecnologica”. Insomma, tante iniziative che restano isolate, con programmi non in grado di comunicare. Se tutto va bene Apple e Google potranno sviluppare un sistema “in grado di eliminare la frammentazione”, ma fino a quel momento occorre aspettare. E lavorare su altri fronti.
Le app di tracciabilità implicano la creazione di “eserciti di tracciatori”, continua Vatalaro. “Negli Stati Uniti USA ne serviranno 100mila, e 10mila solo in California. In Italia ne serviranno quasi 15mila”. Serve gente formata, preparate, competente. Se non c’è, bisogna formarla. Operazioni che richiedono tempo e denaro.
Fabio Lalli, Chief Business & Innovation Officer (IQUII), si mostra più ottimista. Le imprese faranno il loro corso. “Quello delle applicazioni di tracciamento non è un problema tecnologico, è un problema di raggiungimento delle grandi masse e grandi masse”. Occorre ragionare di più su come fare in modo che un alto numero di persone abbia i programmi e li usi. Senza tralasciare un inconveniente tecnico. “Perché il programma funzioni davvero bene, questo deve rimanere in funzione, con problemi per la durata della batteria del telefono”. Una cosa a cui tutti i possessori di smartphone pongono grande attenzione. Servirà un programma che consumi poco, altrimenti nessuno lo userà.
Ecco allora la sfida, quella vera, di tutta la vicenda. “C’è un ruolo di responsabilità personale”, sottolinea Fratini. Conterà molto il comportamento dei singoli. “Se scarico la app e poi lascio il telefono a casa…” Non solo. “Ci sono tre livelli di volontarietà”, sottolinea Vatalaro. “Scaricare le app, fornire i dati alle autorità, informare i contatti in caso di tampone negativo”. Basta fare una di queste tre cose che si vanifica il tutto. La situazione appare dunque ancora troppo carica di incertezze. Ma dissipandole, tutto diverrà possibile.
Un sondaggio condotto da Eunews per lo smart event, proposto a fine e inizio evento, ha
chiesto ai partecipanti se si è disposti a scaricare applicazioni di tracciamento per mappare i contagi di COVID-19. Nel giro di un’ora la percentuale dei favorevoli è salita dal 50% a 77%, segno che con le giuste risposte è possibile stabilire fiducia.