Il caso di Silvia Romano si presta a molte riflessioni, a cominciare da quella della preparazione psicologica e pratica di queste cooperanti mandate in aree di crisi, fra popolazioni di cui non conoscono la mentalità, con la generica quanto confusa missione di portare loro aiuto e con la tipica presunzione occidentale di essere per questo ben voluti.
Immagino che sia prevista una formazione adeguata per queste persone, che contempli anche il caso del rapimento e insegni i comportamenti da adottare in simili situazioni. Sarebbe grave se non fosse così.
Quanto alla conversione all’Islam della cooperante italiana, questa dovrebbe essere una sua questione personale. Ma l’intervento dei nostri servizi segreti e il pagamento di un riscatto da parte dello Stato la catapultano inesorabilmente nella sfera pubblica.
Ora molti infami accusano Silvia Romano di tradimento e altre farneticazioni ancora si levano dalle schiere di razzisti, sovranisti e generici balordi. Come se l’Italia fosse una teocrazia e l’apostasia un reato da punire magari con la lapidazione sul sagrato di una chiesa. Al solito, viene di chiedersi quanti italiani che si dicono cattolici abbiano mai letto il catechismo della Chiesa cattolica e vi si attengano. Forse ci va più vicino Silvia Romano con le sue regole coraniche.
È chiaro che in una situazione di violenza e intimidazione la conversione di Silvia Romano non può essere considerata una libera scelta. Guerriglieri fanatici possono facilmente piegare una persona nelle loro mani senza neppure il bisogno di usarle violenza. Il tempo ci dirà quanto la conversione di Silvia Romano sia autentica. Ma la domanda che dovremmo farci è un’altra. Senza rapire nessuno, quanti saremmo capaci di convertirne noi, di islamisti? Non tanto a una nostra religione quanto al nostro modo di vivere, al nostro modello di società, alla nostra cultura politica. L’Occidente libertario e progressista che ha messo l’uomo al centro della propria civiltà, l’Occidente delle grandi libertà individuali e dei Diritti dell’uomo, una volta era un magnete che suscitava ammirazione e ispirava rivolte fra coloro che vivevano sotto l’oppressione di una dittatura.
Oggi quanta attrattiva suscita nei disperati senza futuro, nei poveri e negli schiavi di tutto il mondo oppressi da tiranni o da bande di terroristi e tagliagole? Silvia Romano è stata sedotta dal miraggio che ogni religione offre di una salvezza nell’aldilà e ha trovato nell’Islam un senso alla propria vita. Noi siamo in grado di offrire ai disperati di terre dimenticate da ogni Dio una salvezza, una vita dignitosa in questo mondo? Forse tutta la questione si risolverebbe così, senza neppure toccare l’argomento religioso.
La vera vittoria non sta tanto nello strappare Silvia Romano all’Islam o nell’impedire che altre persone come lei si convertano, ma nell’attirare i suoi aguzzini verso il nostro modello di vita, nel distoglierli dai loro ideali di morte e distruzione. Ma cosa è rimasto in Occidente del modello occidentale? Il diritto al lavoro, all’istruzione e alla salute, per citare i fondamentali, esistono ancora?
Lo stiamo vedendo con il Coronavirus quanto del nostro sistema sanitario fosse già compromesso in precedenza, lo vediamo con la fuga dei migranti dalle nostre campagne quanto del nostro benessere si basasse sullo schiavismo e sulla sopraffazione dei deboli. Lo vediamo con il disastro ambientale dove ci porta il liberalismo governato dal solo mercato, lo vediamo con le bestialità professate dai populisti di varia scuola dove sono finiti i valori di solidarietà, di rispetto, di senso civico e appartenenza. Allora c’è poco da stupirsi che una giovane donna probabilmente nutrita da nobili ideali trovi quel che cerca nelle oscure promesse di una religione anziché nei valori della società da cui proviene e di cui dovrebbe essere tanto orgogliosa da essere lei a convertire gli altri.