Bruxelles – Non si risolverà tutto nel minimo dettaglio, non tutti i nodi verranno sciolti, ma l’obiettivo è non fermarsi, e andare avanti più speditamente possibile. Il vertice dei capi di Stato e di governo dei Paesi dell’UE in programma domani (23 aprile) ha in sé la premessa della necessità di progressi, che gli addetti ai lavori si attendono di registrare alla fine della videoconferenza. “Bisognerà essere creativi, ancora non ci siamo ma siamo sulla strada giusta”, riconoscono a Bruxelles. L’idea del Fondo per la ripresa, tanto per citare il punto centrale della discussione del leader, è ormai dato per acquisito. Nessuno tra i Ventisette lo mette più in discussione. Il vero punto sarà come crearlo e come renderlo operativo, e sarà l’oggetto delle dibattito.
A Bruxelles si mette una cosa in chiaro: quella di domani sarà “una parte di un processo”. Un cammino che proseguirà e che, per questo, non si concluderà. Ma il fatto che si continui a lavorare viene considerato un elemento politico non indifferente. I leader si ritroveranno in video conferenza per la quarta volta in sette settimane, a riprova della consapevolezza delle delicatezza del momento e della necessità di uscire dalla crisi sanitaria ed economica in cui l’UE è piombata a causa della pandemia di Coronavirus. E’ chiaro a tutti che “non è come per la Brexit”, si sottolinea nella capitale dell’UE. Non si possono prevedere periodi di transizione né rinvii di qualsivoglia natura o ragione.
Si prevede un mandato alla Commissione europea per la messa a punto del piano per il bilancio e il fondo per la ripresa, elementi strettamente collegati. L’esecutivo comunitario ha già qualcosa in mente, ma svelerà tutto il 29 aprile, dopo il vertice. Il commissario per l’Economia, Paolo Gentiiloni, ha menzionato la necessità di risorse di risposta al Covid-19 nell’ordine di grandezza oscillante tra 1.000 e 1.500 miliardi di euro. I leader però ragionano in altro modo: prima si decide dove mettere le risorse, dove spendere e per cosa investire, e solo dopo parlare di cifre. Sarà sulla base delle priorità di spesa individuata dai leader che Ursula von der Leyen e i suoi commissari tenteranno di sistemare le cifre in tutte le caselle con la loro proposta. A quel punto si renderà necessario un altro vertice dei leader, sulla cui data al momento nessuno si sbilancia.
Nella tradizionale lettera di invito ai leader, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, è stato chiaro. “La proposta della Commissione dovrà chiarire il legame del fondo per la ripresa con il bilancio pluriennale, che sarà comunque al centro del contributo dell’UE alla ripresa e dovrà essere adeguato per far fronte all’attuale crisi e alle sue conseguenze”. Tutto secondo copione, allora. Ci sono impegni politici già presi, ed elementi tecnico-giuridico-contabili su cui lavorare.
Perché sia chiaro: l’idea di un debito condiviso non passerà, ma la possibilità di prestiti a lunga scadenza potrebbe essere una possibilità per stimolare le economie che più necessitano di sostegno. Ancora, se il bilancio comune dell’UE si basa sul principio di garanzie comuni, il fondo per la ripresa verosimilmente dovrebbe prevedere una forma mista prestiti-obbligazioni con la prima componente predominante. Almeno questo sembrano indicare gli orientamenti del momento. L’Italia, che finora ha lasciato altri partner agire in prima battuta, è pronta a riservarsi il diritto di mettere sul tavolo la sua proposta dopo aver visto cosa produrrà la Commissione.
Ma la priorità vera dell’UE e dei suoi Stati è quella di non fermarsi e di non perdere tempo. Ne va della tenuta dell’Europa e della sua credibilità. Se l’UE fallisce adesso, a livello internazionale è l’azione esterna a rimetterci, in prospettiva. Non a caso il suggerimento di Michel ai leader è “l’impegno a lavorare per costituire un tale fondo per la ripresa il più presto possibile”, che abbia “entità sufficiente” alle esigenze, che sia “indirizzato verso i settori e le parti geografiche dell’Europa più colpite”, e abbia natura temporanea, per “far fronte a questa crisi senza precedenti” e solo ad essa.
Per questo motivo il vertice vorrebbe incaricare l’Eurogruppo di continuare il lavoro sulle altre misure varate, per fare in modo che “entro giugno” siano operativi sia il meccanismo di sostegno all’occupazione (SURE, per i lavoratori), sia il fondo da otto miliardi della Banca europea per gli investimenti (per le imprese, almeno 100mila tra grandi, piccole e medie), sia ancora il fondo salva-Stati ESM a condizioni agevolate (per i governi che ne vorranno fare richiesta). Quanto al bilancio, si potrebbe rischiare di vedere la fine dei negoziati oltre la fine dell’anno. In quel caso si renderanno necessarie misure ‘tampone’, finanziamenti ponte,così da permettere il funzionamento di politiche e programmi. Dovranno essere gli Stati a fare da garanzie, con la Commissione UE pronta a subentrare non appena ci sarà un bilancio. In principio nessuno è contrario, ma nella pratica ancora tutto da definire.