Il blocco auto-inflitto all’economia sembra quasi la scusa ideale per far dimenticare che a differenza di altri il paese è arrivato alla crisi stremato da 10 anni di errori culminati nelle improvvisazioni degli ultimi due.
Holman W. Jenkins, Jr. sul Wall Street Journal di qualche giorno fa ha descritto come segue il dilemma con cui si confrontano i paesi sviluppati davanti alla crisi da virus: un problema che si può risolvere tenendo la testa sott’acqua, ma che torna insolubile non appena la tiri fuori. Gli americani ed ora anche gli europei sembra che si stiano rendendo conto che bisogna tirare fuori la testa, almeno quel tanto che basta per respirare, e far ripartire le economie, altrimenti si finisce con i polmoni salvi dal virus ma pieni d’acqua. La pandemia è la crisi dei paradossi. Una possibilità molto remota di lasciarci la pelle, spalmata su un numero immenso di persone, è diventata una crisi globale. Le morti da virus non sono statisticamente spaventose: in Belgio, il paese più colpito in termini di casi per abitanti, parliamo di 4 ogni 10,000, in Italia di 3,8, la Svizzera non arriva a 2, gli Stati Uniti sono a 1 e in Danimarca a 0,6, sempre ogni 10,000 abitanti. Quello che spaventa è l’immanenza pervasiva del rischio, a differenza di un incidente stradale, non è legato a circostanze specifiche, ma è ovunque ci sia un altro essere umano a distanza di un paio di metri.
NON TUTTI I PAESI SONO ARRIVATI NELLE STESSE CONDIZIONI ALLA SFIDA DEL VIRUS
Per evitare che la cura sia peggiore del male e ammazzi un malato che tutto sommato potrebbe rimettersi in piedi rapidamente, e parliamo ovviamente delle economie, che però sono fatte di persone esattamente come quelle che rischiano la vita se colpite dal virus, bisogna rimettere in moto il sistema di produzione e consumi. Ma non tutti i paesi sono stati colpiti dal blocco autoinflitto per contenere il virus nelle stesse condizioni. In America la botta è arrivata mentre l’economia correva al 3% e la disoccupazione viaggiava ai minimi da 50 anni. In Gran Bretagna è arrivata nel mezzo del guado della Brexit. In Germania è arrivata mentre l’industria già arrancava causa guerra dei dazi, ma ha anche colpito un paese con le casse stracolme di euro accumulati grazie alle esportazioni e alla disciplina fiscale.
QUASI UNA PROVVIDENZIALE CIAMBELLA DI SALVATAGGIO PER UNA POLITICA NEL VICOLO CIECO
In Italia la botta è arrivata su un malato già provato da oltre 10 anni di crescita zero, che non si era ancora ripreso dalla doppia crisi finanziaria, prima quella di Lehman e poi quella del debito sovrano europeo e che anzi arrancava nel buio alla ricerca di una via d’uscita con giochi delle tra carte nella composizione della maggioranza parlamentare e del governo. Per imprese e lavoratori una sciagura che si aggiunge a una disgrazia. Ma per una classe politica alla ricerca continua del coniglio da tirare fuori dal cilindro, incapace di trovare la ricetta per far uscire il paese dalla crisi economica peggiore degli ultimi 70 anni, sembra sia stata quasi una provvidenziale ciambella di salvataggio, con il virus emerso improvvisamente come il capro espiatorio ideale a cui dare la colpa di tutti i disastri inanellati dal 2008 in poi, ma soprattutto negli ultimi 6 anni.
LA LUNGHISSIMA LISTA DEI PROBLEMI IRRISOLTI SUL TAPPETO QUANDO E’ ARRIVATA LA PANDEMIA
Padre Brown, il prete-investigatore inventato dallo scrittore londinese G.K. Chesterton, vissuto a cavallo del 1900 e fra gli autori più prolifici della storia, si chiedeva: dove nasconde una foglia l’uomo astuto? Risposta: In una foresta. E se la foresta non c’è? Ne fa crescere una. La pandemia globale cresciuta come una foresta in un paio di mesi sembra il posto giusto per nascondere la foglia dell’improvvisazione e dell’inettitudine di chi ha responsabilità politiche, di governo e di opposizione, a seconda del cappello che di volta in volta si mette in testa, sia a Roma che nel resto del paese. Ilva, Alitalia, reddito di cittadinanza e annessi navigator, piani B di uscita dall’euro, mini-Bot, crisi bancarie irrisolte, un’infinità di provvedimenti sbandierati e poi abortiti tipo plastic tax, sono solo una succinta e assolutamente incompleta lista di tutto quello che era sul tappeto senza che nessuno avesse la minima idea di come venirne a capo quando è esplosa la pandemia.
NEL 2014 SEMBRAVA INIZIATA LA RISALITA, POI TUTTO A COMINCIATO AD AVVITARSI
Nella crisi del 2008 sembrava che economia e sistema finanziario italiani avessero preso una botta meno violenta di altri in Europa. Poi la crisi del debito del 2010-12 ha messo l’Italia nell’occhio del ciclone. Mario Draghi con il suo whatever it takes l’ha tirata fuori e per un paio d’anni sembrava che le cose si stessero mettendo a posto, con il governo di Matteo Renzi e il trionfo elettorale dell’ex sindaco di Firenze alle europee del 2014. Poi è cominciata la discesa. Prima con il naufragio del referendum costituzionale nel 2015, doveva essere la prima di una serie di riforme necessarie a ridare competitività a un paese rimasto maledettamente indietro, ma maldestramente ‘venduta’ dallo stesso Renzi come un plebiscito pro o contro se stesso. Poi la discesa è diventata un avvitamento che ha accelerato dopo le elezioni del 2018 in una faida senza fine tra le due forze politiche emergenti – Lega e M5S – e l’unica vecchia sopravvissuta alle due crisi –il PD.
UN’EUROPA NON ALL’ALTEZZA DELLE SUE AMBIZIONI FINITA SUL BANCO DEGLI IMPUTATI
All’inizio del 2020 un governo italiano lacerato dalle divisioni interne era costretto ad andare in Europa con il cappello in mano a chiedere una mano per uscire dal vicolo cieco di crescita zero e debito in aumento. Poi è arrivata la pandemia che ha reso possibile il gioco di prestigio. Il virus e il blocco auto-inflitto all’economia per contenerlo sono diventati la causa di tutti i problemi accumulati e non risolti per oltre 10 anni, mentre da elemosiniere da ingraziarsi l’Europa è diventato il ‘cattivo egoista’ che nega a un parente gravemente ammalato i soldi per curarsi. Ovviamente anche l’Europa, o almeno alcuni paesi come Olanda e Germania, con il concorso esterno di Austria e Finlandia, ci ha messo del suo. Anche di fronte all’emergenza virus, l’Europa non riesce proprio a essere all’altezza dell’ambizione di somigliare a degli ‘Stati Uniti’.
SEMBRA QUASI CHE IL MEDICO INCAPACE VOGLIA TENERE IL MALATO A LETTO
Ma la responsabilità di essere arrivati all’imprevisto appuntamento con il virus in condizioni quasi terminali invece che in salute o almeno convalescenti è soprattutto di chi è stato al timone dell’Italia nell’ultimo decennio. Il che lascia la molto sgradevole impressione di essere di fronte a un medico del tutto inadeguato che fa il possibile per tenere il malato inchiodato nel letto d’ospedale per non perdere il posto.