Bruxelles – L’esplosione del Coronavirus nel mondo rallenterà i ritmi di crescita dell’intero sistema economico globale. Anche a Bruxelles si calcolano le ripercussioni di medio e lungo periodo sulla crescita del continente. Timori che riguardano il comparto dell’industria: a causa dei vari lockdown, più o meno rigidi, imposti dai governi europei per fronteggiare la crisi pandemica, molti settori industriali sono stati colpiti duramente e ne stanno risentendo in maniera consistente.
All’Europa “chiediamo che si risponda in modo uniforme e solidale ad una crisi economica senza precedenti che sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza di molte aziende europee”. Questo l’appello della Federazione europea dei consumatori di alluminio (Face) e del suo segretario generale Mario Conserva, con cui abbiamo approfondito alcuni aspetti dell’impatto della crisi sul settore dell’alluminio in Europa.
Eunews: La crisi sanitaria e l’imposizione di misure restrittive si ripercuotono sulla vitalità di molti settori dell’industria europea. Guardando nello specifico al settore dell’alluminio, com’è la situazione in Europa?
Conserva: “Le aziende del settore dei metalli stanno subendo enormi danni economici a causa dell’emergenza del COVID-19, in particolare nei Paesi europei che hanno adottato misure più stringenti di “lockdown”. L’effetto COVID-19 è partito dalla Cina (che è produttore mondiale leader di alluminio primario e nel 2019 ha prodotto 36 milioni di tonnellate di metallo primario su un totale mondiale di 64 milioni) e l’impatto sulle materie prime metalli è stato immediato: le quotazioni del rame al London Metal Exchange LME (la Borsa dei metalli di Londra, ndr) sono passate da 6.300 dollari/tonnellata di metà gennaio a 4.850 e l’alluminio HG è sceso da 1.800 $/t a 1.450.
Nel caso dell’alluminio, i motivi del calo delle quotazioni vanno ricercati nella debolezza dei fondamentali a causa di diversi fattori, come i cambiamenti strutturali nel settore automobilistico, non compensati da limitazioni alla capacità di produzione di metallo primario in risposta ai cali di domanda dovuti all’emergenza COVID-19”.
E.: Secondo le vostre stime a quanto ammontano i danni economici e il calo della produzione?
C.: “E’ difficile in questa fase quantificare l’impatto della crisi a livello europeo, ma si stima che i danni economici saranno gravissimi per il settore, che vale oltre un milione di addetti diretti, con più di 2.500 aziende produttrici di metallo grezzo, semilavorati e getti di fonderia, per un fatturato annuo complessivo vicino a 60 miliardi di euro.
Guardando allo scenario globale l’emergenza pone ora molte incognite: continuerà la Cina a produrre primario, anche se ne potrà assorbire molto meno? Al momento la risposta è positiva ed è quindi possibile che Pechino invada il mercato con valanghe di materia prima. Ed infine, terrà viva la Cina anche la produzione di semilavorati di alluminio, che potrà essere assorbita solo in piccola parte nel mercato interno, continuando quindi, con accresciuta pressione, ad inondare il pianeta di prodotti a prezzi sottocosto? Da questo punto di vista, la decisione della Commissione europea di avviare, lo scorso febbraio, un’indagine su presunte importazioni in dumping di estrusi in alluminio dalla Cina rappresenta certamente un’iniziativa opportuna a tutela di tutto il comparto”.
E.: Quanto alla condizione del comparto in Italia?
C.: “L’Italia ha una lunga tradizione nel sistema alluminio, è al secondo posto in Europa dopo la Germania con quasi un migliaio di imprese dirette, per un fatturato vicino a 13 miliardi di euro nel 2019. Il nostro Paese ha fatto registrare lo scorso anno un consumo complessivo di metallo leggero di oltre 2 milioni di tonnellate, con un consumo annuo pro capite di metallo che è tra i massimi al mondo e ammonta a oltre 34 kg. La catena di valore è composta per oltre il 90 per cento da piccole-medie aziende che danno un contributo fondamentale a tutto il sistema produttivo italiano.
Considerata l’importanza chiave della catena del metallo leggero, è quindi necessario che l’intero comparto industriale venga riconosciuto come essenziale per il sistema produttivo nazionale. Le nostre aziende stanno infatti subendo danni gravissimi a causa del COVID-19: secondo un nostro sondaggio precedente le misure di lockdown, il calo di produzione nel mese di marzo si collocava per gli estrusori di alluminio intorno al 30 per cento, per i laminatori tra il 10 e il 15 per cento e per i produttori di getti intorno al 50 per cento. Una prima valutazione del calo complessivo annuo porterebbe quindi ad una stima di consumo totale di metallo nel 2020 tra 1,5 ed 1,6 milioni di tonnellate, il che riporterebbe il settore indietro di dieci anni”.
E.: Cosa pensate delle azioni introdotte fino a questo punto dalle istituzioni europee per fronteggiare la pandemia?
C.: “In principio l’UE si è mossa nella giusta direzione, ad esempio con la proposta, da parte di Ursula von der Leyen (la presidente della Commissione europea, ndr), di attivare una clausola generale di salvaguardia che allenterebbe le regole di bilancio per consentire ai governi nazionali di pompare il denaro necessario per sostenere le economie nazionali. Speriamo che a queste proposte incoraggianti facciano seguito azioni concrete e che l’UE, a cominciare dalla riunione odierna (9 aprile, ndr) dell’Eurogruppo, risponda in modo uniforme e solidale ad una crisi economica senza precedenti che sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza di molte aziende europee”.
E.: Quali sono le misure straordinarie che chiedete di attuare all’Europa e ai ministri delle finanze riuniti in videoconferenza all’Eurogruppo per tutelare maggiormente il settore?
C.: “Per quanto riguarda le misure da mettere in campo per il settore dell’alluminio abbiamo proposto, in analogia con quanto richiesto anche dalla Associazione dell’alluminio americana, provvedimenti straordinari di supporto per superare questa fase di emergenza, come assicurazione del credito e maggiore liquidità, finanziamenti per progetti di investimento, incentivi fiscali e prestiti agevolati”.
E.: Parlando del tessuto delle piccole e medie imprese, che rappresenta oltre il 90 per cento dell’intero settore, molte aziende denunciano il rischio di una “asimmetria competitiva” determinata dal fatto che non tutti i paesi UE hanno imposto lo stesso blocco totale alla produzione. In cosa consiste e come compensarla?
C.: “È vero, l’assenza di strumenti di intervento condivisi a livello comunitario e la necessità di alcuni dei Paesi dell’Unione maggiormente colpiti dall’emergenza Covid-19 di adottare un blocco totale della produzione sta aggiungendo a uno shock simmetrico le conseguenze di una competizione asimmetrica. Tutto questo va ancora tutto a svantaggio delle molte piccole e medie imprese ferme temporaneamente nel segmento delle trasformazioni e lavorazioni a valle dell’alluminio, che rappresentano circa il 92 per cento in termini di occupazione complessiva.
Siamo consapevoli che questa tematica riguarda scelte legittime prese da ciascun Paese al proprio interno ma auspichiamo, anche in questo caso, che gli Stati possano adottare misure quanto più possibile solidali e condivise anche in vista della prossima graduale riapertura delle attività produttive che, sempre mettendo al primo posto la tutela della salute dei lavoratori, dovrebbe avvenire nelle prossime settimane”.
E.: Infine, l’emergenza Coronavirus si ripercuote anche su un’altra questione su cui la Federazione ha richiesto l’intervento dell’Europa: l’abolizione dei dazi sull’import all’alluminio grezzo. Da parte dell’UE si è mosso qualcosa?
C:. “Riguardo al tema fondamentale del dazio sull’alluminio grezzo, la materia prima per i successivi stadi di trasformazione e di manifattura, riteniamo che la sospensione di questa tariffa penalizzante debba essere un intervento necessario, adottabile immediatamente senza la necessità di stanziare risorse addizionali. Si tratterebbe infatti di una soluzione per ridurre i costi di produzione delle imprese delle trasformazioni e lavorazioni a valle, limitando chiusure di impianti o corse al ribasso a danno dei lavoratori ed aiutando la competitività sui mercati interni e su quelli esteri. Tale misura è peraltro assolutamente giustificata dalla drammatica carenza produttiva di alluminio primario in UE rispetto alla domanda, uno sbilanciamento di oltre il 70 per cento che significa far pagare con un dazio ai trasformatori ed agli utilizzatori a valle un extra costo per un bene che non viene prodotto in UE.
Per questi motivi, invitiamo la Commissione europea e gli Stati membri ad adottare, nell’ambito del dibattito sulle misure per la ripresa economica, la sospensione dei dazi alle importazioni di alluminio grezzo, garantendo così un sostegno concreto ed immediato a molte piccole e medie imprese, struttura portante dell’intero sistema economico europeo e, in particolare, di quello italiano”.