Bruxelles – Nella lotta al Coronavirus, rispettare i diritti umani e proteggere la salute pubblica devono andare di pari passo. Le restrizioni imposte da quasi tutti i paesi UE per combattere il Covid-19 “hanno profonde implicazioni” per i diritti fondamentali di tutti, compreso il diritto alla salute e alla vita. È quanto riferisce l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA) nel rapporto “La pandemia di coronavirus nell’UE: implicazioni per i diritti fondamentali” in cui ha esaminato le misure che gli Stati membri dell’UE utilizzano per affrontare la pandemia.
“Abbiamo chiaramente bisogno di risposte forti in materia di salute pubblica per proteggere la vita delle persone durante la pandemia. Ma possiamo proteggere la nostra salute e rispettare al tempo stesso anche i diritti umani”, dice il direttore della FRA Michael O’Flaherty. Più rispettiamo i diritti umani, “meglio saranno le nostre strategie di tutela della salute pubblica”. Tali strategie, sottolineano dall’Agenzia europea, devono anche garantire che qualunque limitazione ai diritti fondamentali delle persone duri solo per il tempo necessario ad affrontare la crisi COVID-19. In molti casi, sottolinea il rapporto, le restrizioni dei vari governi per fermare il virus colpiscono in particolare i diritti di persone già vulnerabili o a rischio, come gli anziani, i bambini, le persone con disabilità, i Rom o i rifugiati.
Restrizioni misurate e limitate nel tempo
In tutti gli ordinamenti costituzionali si affaccia il principio del bilanciamento dei diritti, che viene chiamato in causa quando i valori espressi nei testi costituzionali entrano talvolta in contrasto tra di loro. Tali conflitti vengono risolti appunto attraverso un bilanciamento, che non significa andare incontro ad una prevaricazione o negazione di un diritto sull’altro, ma più che altro ad una loro ponderazione dovuta a circostanze particolari. Questo accade anche oggi di fronte ad una emergenza pandemica di tale entità come il Covid-19, dove la necessità di tutelare la salute pubblica da settimane costringe in casa persone in tutto il mondo, ne circoscrive gli spostamenti e, in sostanza, ne limita in molti casi le libertà fondamentali.
Sembra scontato dover sottolineare che tali restrizioni sono rese indispensabili e necessarie da una condizione eccezionale, che come tale deve rimane circoscritta anche nel tempo. La legge internazionale sui diritti umani infatti permette la limitazione di alcuni diritti, specialmente quando gli stati si trovano ad affrontare una grave emergenza sanitaria. Agli Stati, si legge nel rapporto, è consentito anche introdurre leggi di emergenza quando si verificano circostanze eccezionali, come l’urgenza di contenere un virus e di salvare vite umane. “Queste leggi possono derogare alcuni diritti umani ma devono entrare in vigore per un periodo di tempo limitato e in modo controllato“.
Qui il monito, se pur implicito e indiretto, è all’Ungheria, dove il primo ministro Viktor Orban ha richiesto pieni poteri ad oltranza per vincere l’emergenza sanitaria ma che di fatto spinge molti a preoccuparsi per la stretta autoritaria inflitta al Paese. Per molti il Coronavirus è l’espediente utilizzato dal premier ungherese per giustificare il propri fini politici, data anche la rapidità con cui ha diramato lo stato di emergenza nel paese: il primo caso confermato di infezione da Covid-19 risale al 4 marzo, a cui è seguito già l’11 dello stesso mese l’ordine di chiudere tutto per emergenza sanitaria.
In aumento fenomeni di xenofobia e razzismo
Tra le preoccupazioni sollevate nel rapporto anche un aumento repentino in Europa di casi di razzismo nei confronti di persone che sono percepite come di origine asiatica, e in particolare cinese, durante la crisi sanitaria. “La pandemia di COVID-19 ha innescato un aumento degli incidenti razzisti e xenofobi tra cui insulti verbali, molestie, aggressioni fisiche e discorsi di odio online“, afferma il rapporto, aggiungendo che persone di origine cinese o asiatica hanno subìto discriminazioni anche per quanto riguarda l’accesso alle merci e ai servizi, compresi quelli sanitari. “I paesi UE dovrebbero monitorare attentamente gli incidenti razzisti e xenofobi e segnalare, indagare e perseguire efficacemente tali crimini”: questo il monito dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali.
Focus anche sulla disinformazione dilagante in tutti i paesi d’Europa e sulla protezione dei dati. “Tutti i paesi dell’UE, scrivono dall’Agenzia, dovrebbero rimanere vigili e garantire l’attuazione di tutte le misure di protezione dei dati a tutela della salute”.