Bruxelles – L’Eurogruppo si arena sul fondo salva-Stati ESM. E’ il modo di ricorrere al Meccanismo europeo di stabilità per rispondere alla crisi del Coronavirus che fa naufragare l’incontro dei ministri dell’Economia e delle Finanze dei Paesi con la moneta unica, dopo un incontro di 16 ore che pure ha visto il tentativo di trovare un accordo. Tutto è rimandato a domani (9 aprile).
Delle quattro proposte sul tavolo, solo una ha visto la convergenza di tutte le parti attorno al tavolo. Il ricorso alla Banca europea per gli investimenti (BEI) è l’elemento su cui tutti si sono trovati d’accordo. Gli Stati metteranno 25 miliardi per poterne mobilitare così 200, da destinare al sostegno per le imprese. In linea di principio chiunque potrà essere aiutato, ma è stato deciso di privilegiare le piccole e medie imprese.
Sugli altri punti, invece, nulla di fatto. E’ l’ESM il vero scoglio. La questione irrisolta è la stessa del punto di partenza: legare gli aiuti a condizionalità. Ci sono alcuni soggetti (Paesi Bassi, Austria e Germania su tutti) che vorrebbero impegni di riequilibrio degli squilibri prodotto in questo momento. In altre parole, vogliono legare l’erogazione di fondi alle riforme strutturali da portare avanti alla fine della crisi da Coronavirus.
Non è al momento chiaro come definire le condizionalità per il prestito, a cui i Paesi del sud si oppongono. C’è chi vorrebbe semplicemente vincolare maggiormente al rispetto delle regole già previste dal semestre europeo, il processo di coordinamento delle politiche economiche. La prima condizione è che l’eventuale prestito debba essere utilizzato solo per le spese direttamente legate al Coronavirus. Bisogna dimostrare che si investe in sanità e in nient’altro. Poi, si deve rientrare del debito. Questo per evitare il rischio di “prestiti a titolo gratuito” che in alcune capitali si paventa.
Ma la questione dell’ESM si lega a quella dei Coronabond. I Paesi che non accettano l’idea del MES con condizioni che, per quanto favorevoli, leghino i governi alla sorveglianza europea vogliono impegni scritti sul fondo comune per l’emissione di obbligazioni. Ma l’Eurogruppo su questo è pronto a fare poco. Ci sono troppe questioni da risolvere, e tutto verrà lasciato ai leader. Procedere in questo senso è per tutti un passo ormai inevitabile. Addetti ai lavori assicurano che tutti “hanno capito” che non si possa evitare, ma lo strumento pone tante questioni. La prima è quella del finanziamento, ma ci sono aspetti giuridici. Alcuni Paesi sembrano avere questioni costituzionali da dover risolvere, altri avranno bisogno del voto del Parlamento nazionale. Ancora, a livello comunitario ci si interroga se prevedere questo fondo dentro il bilancio comunitario o se istituirlo al di fuori, con risorse quindi extra.
Sullo schema proposta dalla Commissione europea per il sostegno al lavoro, noto come SURE, i ministri hanno convenuto che lo strumento debba avare natura di protezione del lavoro, e non di strumento di assorbimento dei disoccupati né strumento di creazioni di nuovi posti di lavoro. I ministri dei Paesi nordici hanno quindi voluto che si chiarisse la natura temporanea dello strumento, mentre quelli più gelosi delle proprie competenze hanno voluto richiamare sulla natura squisitamente nazionale delle politiche a sostegno dell’occupazione. Nelle conclusioni che auspicabilmente seguiranno domani, si dovrà avere un paragrafo che contiene queste cose.
I ministri hanno provato a trovare un’intesa. Persone bene informate sostengono che all’inizio dell’Eurogruppo le posizioni erano tali da poter avere un incontro molto breve. Poi si è iniziato a lavorare e molte distanze sono state appianate. Ma non tutte. Alla fine il presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, si deve arrendere. “Dopo 16 ore di discussione siamo arrivati vicino ad un accordo, ma ancora non ci siamo”. Da qui la decisione di sospendere tutto e riconvocare il tutto domani. Oggi non era possibile andare avanti perché alcuni ministri sono impegnati in attività dei rispettivi governi, ai quali riferiranno. Tutto rimandato. “Il mio obiettivo rimane una potente rete di salvataggio europea”, dice Centeno, desideroso di terminare i lavori con “un piano di risanamento considerevole”.