Roma – Cara Ursula, apprezzo gli sforzi ma serve molto di più. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte risponde all’intervento pubblicato ieri sui giornali italiani da von der Leyen, e conferma la linea italiana sulla partita della crisi economica e sulla strategia per fronteggiarla. Il sentimento di vicinanza verso “la comunità nazionale e in particolare al personale sanitario” sono un valido sostegno ma il premier a questo punto chiede “cosa l’Europa è disposta a fare non per l’Italia ma per sé stessa”.
Il concetto è stato ribadito più volte da Conte, fin dal Consiglio europeo in cui si è aperta una profonda frattura con i Paesi del nord, ovvero la necessità di dare “una risposta straordinaria, poiché la natura e le caratteristiche della crisi in corso sono tali da mettere a repentaglio l’esistenza stessa della casa comune europea”. E se è vero che la “solidarietà non si è avvertita” come ha ammesso la presidente von der Leyen, il premier ribadisce che l’Europa “per reggere questa sfida epocale non può essere affidata ai soli manuali di economia. Deve essere la solidarietà, l’inchiostro con cui scrivere questa pagina”.
L’Italia accoglie con favore il piano “Sure”, per supportare i costi che i governi nazionali dovranno affrontare per sostenere chi rimane senza lavoro. “Iniziativa “positiva poiché consentirebbe di emettere obbligazioni europee per un importo massimo di 100 miliardi di euro, a fronte di garanzie statali intorno ai 25 miliardi di euro”.
Ma non basta “sono molte di più le risorse necessarie”, per i sistemi sanitari “per garantire liquidità rapidamente a centinaia di migliaia di piccole e medie imprese”, per mettere in sicurezza occupazione e redditi dei lavoratori autonomi. Bisogni che non valgono solo per l’Italia.
Conte ricorda che Stati Uniti e altri Paesi stanno mettendo in campo sforzi senza precedenti e l’Europa non può permettersi di perdere “non soltanto la sfida della ricostruzione delle nostre economie, ma anche quella della competizione globale”.
Lo sguardo si rivolge ai giorni di un negoziato difficile sugli altri strumenti da caricare per esercitare la “potenza di fuoco” che la famiglia europea sarebbe in grado di produrre. E allora c’è bisogno dei titoli di Stato europei “che servono alla ricostruzione non a pagare i debiti pregressi” dei Paesi scrive Conte che mostra la sua preoccupazione per come “i lavori tecnici” si stanno predisponendo per l’appuntamento dell’Eurogruppo. Sbagliato dunque ricorrere a dispositivi inadeguati come il Mes su cui il premier conferma l’opposizione dell’Italia.
Si tratta invece di uno strumento pronto all’uso, dice il direttore generale del Meccanismo europeo di stabilità Klaus Regling, “con una dotazione già disponibile di 410 miliardi per offrire linee di credito a basso tasso d’interesse”. “Linee di credito diversificate e utilizzabili subito” spiega Regling, che al contrario considera non adatti i Corona bond o altri strumenti per i quali “c’è bisogno di tempo e tempo non ne abbiamo”.
Improbabile dunque che la rotta del MES cambi in pochi giorni, ma il direttore mette sul piatto una proposta che possa tenere conto dei Paesi che saranno più colpiti dalla crisi. Come l’Italia, che nel prossimo quadro finanziario pluriennale, che sarà ricentrato sulle conseguenze economiche del Coronavirus, potrebbe non essere più considerato per i prossimi anni un contributore netto del bilancio dell’Unione. In pratica “uno sconto” che però, da paese fondatore, difficilmente l’Italia potrà accettare.