Bruxelles – Alla fine i leader non decidono. Non perché non sappiano farlo, ma perché non vogliono. Il vertice dei capi di Stato e di governo dell’UE non ha prodotto nulla per la mancanza di assunzione di responsabilità, nel momento della verità. Si è deciso di rimettere la palla nel campo dell’Eurogruppo, quando proprio i ministri economici dei Paesi con la moneta unica si erano astenuti dal prendere decisioni per permettere ai leader di stabilire che fare. Ma i leader si dimostrano tali a casa propria, e non oltre i confini nazionali. “Utilizzeremo gli strumenti dell’UE per sostenere la loro azione nella misura necessaria”, recita la dichiarazione di fine seduta. Vuol dire niente Coronabond, perché si fa riferimento a strumenti esistenti, mentre le garanzie comuni sono solo progetti.
Da parte di tutti c’è il riconoscimento “pieno” della gravità della crisi prodotta da Coronavirus e delle conseguenze che ne sono derivate. “Faremo tutto il necessario per affrontare questa sfida in uno spirito di solidarietà”, dicono i leader, ma “in questa fase, invitiamo l’Eurogruppo a presentarci le proposte entro due settimane”. Questo rimpallarsi l’onore della decisione l dice lunga sullo stato di salute dell’Unione già affetta da COVID-19. Ma nella giornata del vertice è un modo per prendere tempo, e coprire il fallimento di un’Europa venuta a mancare nel momento di maggior bisogno.
Austria, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi e Germania si sono messi di traverso, impedendo di dare il via libera a garanzie comuni per le spese necessarie per salvare e far ripartire l’economia a dodici stelle. Questi governi non vogliono prendersi il rischio di mettere risorse nazionali per gestire una crisi comune per il timore di veder il proprio denaro usato in altri Stati. Italia e Spagna hanno fatto saltare il documento finale, obbligando a riscrivere la parte in cui si parlava di misure comuni. Che alla fine comunque non figurano. Di Coronabond o simili nemmeno l’ombra. Si ottiene il rinvio all’Eurogruppo, che salva quel poco di faccia che resta da salvare in un’UE in frantumi.
“Su alcuni argomenti si è d’accordo, ma su diversi argomenti c’è bisogno di continuare a discutere ed essere uniti”, dice il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, a proposito del progetto di Coronabond al termine di una conferenza stampa tenuta con quasi quattro ore e mezzo di ritardo rispetto al programma originale. Parole che confermano la divisione tra i Ventisette. Ripete, anche a chi chiede lumi sulla riforma del Meccanismo europeo di Stabilità (ESM), che “è stato dato mandato all’Eurogruppo di discutere le diverse misure da prendere”.
Sul tavolo non c’è niente. L’Eurogruppo potrà al massimo proporre, e quelle proposte eventuali dovranno tornare al vaglio dei leader. Si prende e si perde tempo in un momento di urgenza. Si ribadisce l’importanza di promuovere la ricerca, mantenere funzionale per quanto possibile il mercato unico, per i beni di primaria necessità e beni medicali, essere quanto più coordinati possibili nella risposta. Si è praticamente fermi al vertice di dieci giorni fa, e in questo momento non è affatto una buona notizia.