Bruxelles – “A situazioni eccezionali, risposte eccezionali”. Questo il credo di Charles Michel, che con un’affermazione che si presta a più letture, lascia aperta la porta alla possibilità di definire e introdurre anche titoli comuni europei per far fronte all’emergenza Coronavirus. Il presidente del Consiglio europeo, intervistato dall’emittente belga LN24, ha già anticipato su cosa i leader dell’UE si concentreranno domani (26 marzo) nel vertice tenuto in videoconferenza.
La proposta di emissione di speciali Coronabond continua a dividere gli Stati membri. C’è un gruppetto di governi che spinge per averli. Tra i sostenitori (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Slovenia, Grecia, Irlanda, Belgio, Lussemburgo) anche Sophie Wilmes, primo ministro belga dello stesso partito di Michel (MR, il partito liberale). Facile intuire che il presidente del Consiglio europeo possa sposare la linea della sua connazionale e compagna di partito, ma il belga è schiacciato tra i volenterosi e il blocco dei Paesi che non vuole saperne.
Non si annuncia dunque un vertice semplice. Si arriva all’appuntamento con posizioni ancora troppo distanti, addirittura diametralmente opposte. Paesi Bassi e Danimarca sono la materializzazione dell’assenza della tanto decantata solidarietà europea. Con loro anche la Germania a frenare. Mentre il blocco dell’est, fuori dall’area euro con la sola eccezione dei baltici, rimane a guardare, probabilmente contento di non aver introdotto la moneta unica e sempre più convinto che questa sia stata la scelta giusta.
Michel però sugli eurobond non chiude. Resta possibilista in nome della situazione eccezionale che ha investito l’Europa tutta. Negli studi della TV belga lamenta poi le lacune del progetto comune. “L’UE ha strumenti limitati per gestire le crisi” come quella prodotta dalla propagazione del COVID-19. “Serve un vero centro di crisi europeo, l’UE ha bisogno dia una capacità di d’azione che abbia anche dei mezzi” dice rispondendo alla domanda del giornalista ospite, l’italiano Lorenzo Consoli. Per allestire tutto questo servono soldi, che devono mettere gli Stati, perché a oggi l’Unione funziona con i contributi nazionali. Ai capi di Stato e di governo dice che “serve un quadro di bilancio più ampio” di quello esistente e, soprattutto, di quello che si pensato di disegnare per i prossimi sette anni.
Un’uscita, questa, che unita a quella sui Coronabond, non contribuisce a gettare le basi per decisioni politiche. Al contrario, rischia ulteriori irrigidimenti. Gli Stati si sono già tirati indietro quando hanno provato a confrontarsi sul nuovo bilancio pluriennale (MFF 2021-2027). Proprio per questo Michel tenta la carta della disperazione. Non la propria, ma quella in cui versa il continente. E’ diventato chiaro che senza interventi decisi, veri, l’UE non uscirà più dal pantano della nuova recessione. “Agire il più rapidamente possibile è la priorità attuale”, sottolinea Michel. Ma non sarà facile, nonostante il senso di urgenza diffuso e riconosciuto.
I temi sono delicati e divisivi. Oltretutto il formato della teleconferenza non aiuta. “A Bruxelles si possono fare pause, ci si può intrattenere in bilaterale”. A distanza invece “è tutto più complicato”, riconosce Michel. “Passo molto al telefono con i leader”. Rischia di doverlo fare anche domani.