Di Aurora Laguardia
Da spettatori poco attenti a protagonisti involontari nel giro di poche settimane. Questo è quello che è successo a noi europei da quando l’Europa è diventata l’epicentro della pandemia di Coronavirus.
Quando il 21 febbraio ci è stato comunicato il primo caso accertato in Italia, siamo improvvisamente e inavvertitamente entrati in scena, senza aver alcun copione da seguire, ignari dell’avvenire. Situazione di incertezza che ha generato una vera e propria bulimia informativa.
Televisione, radio, giornali, blog e social sono diventati veicoli, occasioni d’incontro e di contatto essenziali, ancor più di prima. All’iniziale confusione informativa, i social network, Facebook e Twitter in primis, hanno messo un freno alle fake news rimuovendo i contenuti con false affermazioni e teorie del complotto, cercando di indirizzare gli utenti a fonti affidabili.
Quando i governi di numerosi Paesi europei hanno emanato decreti con misure sempre più restrittive, fino alla misura dell’isolamento sociale forzato, il mondo social ha repentinamente reagito lanciando l’hashtag #iorestoacasa. In poche ore, questo hashtag ha dato fiducia all’intera popolazione, promuovendo spirito di solidarietà e una nuova energia. Affermandosi su tutte le principali piattaforme mediatiche, si è diffuso, più rapidamente del virus, superando le frontiere nazionali.
I social sono stati canali privilegiati per la promozione di nuove forme di socialità, oltre a quelle virtuali, come i flashmob che si susseguono ormai da giorni. Famiglie sui balconi rompono il silenzio a Napoli, Roma, Milano e molte altre città, intonando l’Inno di Mameli e ringraziando con applausi il personale sanitario. Anche gli spagnoli si sono uniti in un corale applauso da balconi e finestre.
Internet è lo strumento che ci ha permesso di evadere dalle nostre mura domestiche, luogo di dialogo e confronto di esperienze personali, riflessioni, timori, soprattutto tra i più giovani. A tal proposito, condivido alcune testimonianze di studenti universitari raccolte tramite Instagram. “Mi sento la protagonista di un film, costretta a rivivere lo stesso giorno continuamente” afferma Luciana, da Potenza. “Approfitto di questo tempo, vivendolo come un’opportunità di riflessione”, dice Saverio, da Milano. “Riconosco questo isolamento come un sacrificio necessario ma temo l’incertezza temporale di tutto ciò” sostiene Alice da Roma e in aggiunta, Giusy, fuorisede a Siena, afferma: “E’ triste fare un conto alla rovescia per un giorno che non si sa quando arriverà”. “Socializzare per noi è soprattutto un’occasione d’incontro tra diverse etnie, ora che è tutto bloccato non possiamo più farlo” dichiara Erica, studentessa della Sapienza in Erasmus a Vienna. “La mia famiglia è molto preoccupata per me, qui i casi stanno aumentando ma non sono state prese le misure adatte.” dice Federico, romano trasferitosi a Londra. Opportunità di condivisione seppur nell’isolamento, questo il ruolo svolto dai social network in questo tempo incerto.