Ho postato poco o nulla su Facebook riguardo alla questione del Coronavirus, perché ormai lo percepisco, Facebook, come un continuo rumore di fondo senza capo né coda, e non mi sentivo di aggiungere né togliere nulla al fiume di commenti che ci distoglie ogni giorno dalle cose importanti della vita.
Però oggi mi sento di dire, c’è qualcosa di peculiare nel nostro comportamento portato all’estremo. Se quello che esce per una birra e fa la foto con quattro amici è uno scemo, trovarsi in tremila vestiti da Puffi non può non essere analizzato dal punto di vista sociologico.
Per azzardare un’ipotesi su materie di cui non capisco una mazza, ed infatti sono due mesi che taccio, credo che oltre alla paura e la voglia di esorcizzare, questo sia anche il risultato a lungo termine della nostra difficoltà di scindere il reale dal non-reale.
Abituati da tempo alla televisione, l’avvento di Internet, e i più recenti Facebook e WhatsApp, non abbiamo più la misura di cosa possa essere vero e cosa no. Ogni cosa è al contempo sé stessa e il suo contrario.
Nella nostra percezione, intendo.
Una continua e nauseabonda valanga di informazioni in cui quelle corrette si mischiano con quelle corrette ma veicolate male, poi con quelle fasulle per scherno, quelle fasulle a fini politici, quelle fasulle a fini commerciali. Poi ci sono quelli che hanno le informazioni corrette e le analizzano, giustamente, con spirito critico. Talvolta dando visioni interessanti in contrasto a quelle ufficiali, talvolta arrivando al complottismo e al negazionismo.
E lo stesso accade con le versioni già non corrette, ognuna con la sua derivazione di scettici, arrivando ad una paradossale informazione melmosa, in cui chi scredita la versione non corretta dei fatti, non necessariamente, anzi quasi mai, lo fa avendo in mano e rivendicando la versione dei fatti originale ed eventualmente corretta. E parliamo dell’esposizione dei fatti, figuriamoci addentrarci nel punto di vista o addirittura nell’opinione.
Il problema non è neppure più tanto che gli organi ufficiali possano dare delle versioni edulcorate o spudoratamente false. Il problema è che anche queste versioni saranno comunque prese per quello che sono e per il loro contrario, si troveranno esperti pronti a supportare verità e menzogne per incompetenza o puro sciacallaggio, e ogni versione in contrasto a quella ufficiale, spesso e volentieri già comunicata male e diffusa in maniera inefficace quando non addirittura criminale, ogni versione in contrasto avrà a sua volta dei presunti esperti, e a sua volta dei complottisti e dei negazionisti e così via.
Ecco, questo germe dell’incomprensione e dell’incapacità di scindere il reale dal fasullo, il ragionevole dall’esagerazione, poteva forse essere gestibile in passato, quando si andava a piedi e dopo 4 giorni di cammino qualcuno srotolava una pergamena. Che ci fosse scritta una cosa saggia oppure una cagata pazzesca, che stabilisse una pace oppure ordinasse di bruciare il villaggio dei Puffi, quello era.
Abbiamo srotolato la pergamena, adesso ragioniamoci un attimo, poi se è il caso mo’ vedo, ti mando qualcuno, aspetta, prendi la sella, come sarebbe il tuo cavallo ha mal di pancia, trovane un altro, ma quello che sa scrivere, dov’è finito quello che sapeva scrivere?
Non sto dicendo che fosse meglio, intendiamoci.
Ma la velocità alla quale possono viaggiare le minchiate al giorno d’oggi è qualcosa di impressionante.
Stessimo un po’ zitti, ogni tanto, ci faremmo un favore.