Roma – Ricorre in questi giorni il triste anniversario della guerra siriana, una crisi umanitaria relegata al quarto o quinto titolo dei giornali in questi tempi segnati da una emergenza senza precedenti come quella del Covid-19. In realtà le due crisi non sono poi scollegate: le scarsissime e precarie condizioni di vita dei milioni di rifugiati siriani rischiano di produrre nuovi e ingestibili focolai negli affollatissimi campi profughi, dove l’accesso all’assistenza medica è garantita esclusivamente dalla presenza di agenzie umanitarie internazionali e di strutture non governative. Otto anni di guerra e violenze che hanno reso sfollate oltre 12 milioni di persone. Solo nella martoriata regione di Idlib, città sul confine turco – ultimo fazzoletto di terra in mano alle forze di opposizione – negli ultimi anni si sono ammassati fino a tre milioni di persone in fuga dalle violenze. Qui i profughi sono completamente dipendenti dall’erogazione di aiuti umanitari. Come denuncia Azione contro la Fame, i bisogni umanitari legati all’acqua colpiscono già 15,5 milioni di persone e la distruzione delle infrastrutture nelle aree in cui si registrano le ostilità causa una ulteriore riduzione dell’accesso all’acqua. L’aumento degli spostamenti interni, inoltre, aumenta la pressione sulle fonti d’acqua esistenti con evidenti ripercussioni sulle condizioni sanitarie.
Fuori dalla Siria, oltre 5 milioni di sfollati vivono come rifugiati nei paesi confinanti, principalmente in Turchia dove dei circa 4 milioni di rifugiati, 3,6 milioni provengono dalla Siria. Sfiora invece i due milioni il numero di profughi in Libano (si tratta il numero più alto in proporzione alla popolazione locale), il cui sistema economico e sociale è prossimo al collasso.
È di qualche settimana fa la presentazione dei dati del programma di assistenza realizzato dal World Food Programme e finanziato dall’Unione Europea: l’Emergency Social Safety Net (ESSN). Si tratta del più grande programma umanitario mai finanziato dall’UE, del valore di 1,3 miliardi di euro, ed è anche uno dei più imponenti programmi umanitari di trasferimento di contante mai gestiti dalle Nazioni Unite. Segnale che il mondo dell’umanitario sta evolvendo per rispondere in maniera più efficace alle crisi umanitarie che continuano a dilagare e che si protraggono per tempi sempre più lunghi con un effetto devastante anche sui paesi ospitanti.
Secondo gli ultimi dati diffusi dal WFP, il programma di assistenza in contanti, che per ora si concentra in Turchia, mostra come il sostegno offerto abbia aiutato ad evitare che 1,7 milioni di rifugiati, principalmente siriani, cadessero nella più profonda povertà.
In una nota del WFP si legge che le famiglie che ricevono tale assistenza sono riuscite con più facilità soddisfare i propri bisogni di base, a ridurre le probabilità che i figli vadano a lavorare piuttosto che a scuola per aiutare la famiglia a guadagnare dei soldi, e a mantenere un regime alimentare dignitoso. Grazie all’ ESSN, ogni membro delle famiglie considerate idonee riceve mensilmente l’equivalente di 19€, oltre a ricariche trimestrali in base alle dimensioni della famiglia. Il denaro viene caricato ogni mese su una speciale carta di debito, con cui le famiglie possono prelevare denaro presso un bancomat o pagare direttamente nei negozi.
“Questa carta ci ha aiutato in molte cose durante l’inverno, come il riscaldamento e l’acquisto di vestiti sia per i bambini che per noi” ha spiegato Amira, una donna siriana che vive in Turchia con il marito e tre figli. “Ci ha anche aiutato ad acquistare vestiti durante l’estate così come verdure, cibo e latte per i bambini al mercato. La carta ci ha aiutato in molte cose. La nostra vita sarà migliore fintanto che esisterà”.