Bruxelles – La legge sul clima è un documento di pagine bianche. Su quello che dovrebbe essere il cuore del Green Deal, cavallo di battaglia della Commissione europea, la stessa produce un grande effetto annuncio, un grande spot pubblicitario di quello che sarà. Tutto è rinviato, ma nel frattempo, probabilmente in nome della trasparenza, sul tavolo si mettono intenzioni e nulla di più. L’ulteriore riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per il 2030 è un obiettivo rimandato a settembre, e già questo sorprende. Si prende tempo, a cui seguirà altro tempo. Perché una proposta a settembre vuol dire poi iniziare il processo legislativo, che può richiedere un anno. E’ entro giugno 2021, non a caso, che si pensa di proporre di rivedere, se necessario, la legislazione in materia.
Si prende tempo pure sulle tasse energetiche e il meccanismo di tasse alle frontiere, l’imposizione di balzelli per tutti quei prodotti provenienti da Paesi con criteri ambientali meno stringenti di quelli europei e costi di produzione inferiori. Quest’ultima misura vuole scongiurare concorrenza sleale e delocalizzazioni, ma al netto delle intenzioni ci sarà ancora del lavoro da fare. Come dice la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è un inizio. “Stiamo agendo oggi per rendere l’Europa il primo continente al mondo neutro dal punto di vista climatico entro il 2050”. Ma servirà molto da fare.
Verso lo scontro con gli Stati
Non sarà facile, perché l’unica proposta concreta dell’esecutivo comunitario rischia scontri inter-istituzionali. Secondo la proposta messa sul tavolo, “per il periodo dal 2030 al 2050, alla Commissione sarebbe conferito il potere di adottare atti delegati per integrare il presente regolamento stabilendo una traiettoria a livello dell’Unione per raggiungere nel tempo l’obiettivo del 2050”.
Questa proposta toglie competenze finora spettanti al Consiglio, per darle alla Commissione. A regole vigenti, sono gli Stati membri all’unanimità a decidere gli obiettivi. Adesso vorrebbe incaricarsene la Commissione, attraverso un atto delegato, dunque provvedimenti non legislativi ma esecutivi, che non sono emendabili né dal Consiglio né dal Parlamento. Gli atti delegati o si approvano così come sono, o si respingono.
“Sono gli stessi Stati Membri che si sono impegnati per la neutralità di carbonio al 2050, e noi li accompagniamo in questo percorso”, rimarca il vicepresidente esecutivo per il Green Deal, Frans Timmermans, secondo cui non c’è nulla di cui dover discutere.
I governi al vaglio della Commissione
Nel documento politico della Commissione che vuole essere geopolitica la vera rivoluzione copernicana è tutta nella ridefinizione dei ruoli. Agli Stati viene chiesto di predisporre strategie nazionali di adattamento ai cambiamenti climatici e, a partire da settembre 2023, l’esecutivo comunitario valuterà la coerenza delle misure dell’UE e nazionali con l’obiettivo di neutralità climatica e la traiettoria 2030-2050, stabilita da Bruxelles e non più dalla capitali.
Il ruolo del fisco
“La tassazione avrà un ruolo essenziale da svolgere” per soddisfare l’ambizione dell’UE di una neutralità climatica entro il 2050, sottolinea il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni. Per questo, e considerando che “tutti i settori dell’economia e della società facciano la loro parte”, la Commissione avvia la valutazione d’impatto iniziale sulla revisione della direttiva sulla tassazione dell’energia e lancia il meccanismo europeo di adeguamento delle frontiere del carbonio. “Nelle prossime quattro settimane raccoglieremo feedback e commenti da cittadini e parti interessate per informare i nostri lavori preparatori su queste due iniziative chiave”.
Un mese di tempo per capire l’orientamento di tutte le parti interessate, a cui Gentiloni ha già qualche premessa da fare. “Le tasse ambientali sono tra i tipi di tasse più favorevoli alla crescita. Possono incoraggiare comportamenti più responsabili e contribuire a compensare i costi della transizione ambientale”. Ciò detto, “è essenziale valutare attentamente il loro impatto sulle famiglie e sui consumatori”. L’UE, dunque, non vuole che un simile intervento ricada sui cittadini.
Sul fronte della tassazione energetica, spiega il commissario italiano, si rendono necessari tre interventi: affrontare le aliquote fiscali minime che coprono i prodotti energetici e l’elettricità per affrontare gli squilibri esistenti, in particolare tra benzina e diesel; esaminare come utilizzare la tassazione per promuovere l’energia rinnovabile e una maggiore efficienza energetica; rivedere il trattamento dei prodotti elettrici e del gas naturale e semplificare l’attuale ampia gamma di riduzioni, esenzioni e sussidi per i combustibili fossili.
Tassa alle frontiere
La Commissione von der Leyen ci ragiona da tempo, e la fase di riflessione non è ancora terminata. Perché oggi arriva l’annuncio dell’intenzione di provarci. “Prima di presentare qualsiasi proposta – spiega Gentiloni – le varie opzioni devono essere attentamente valutate, in particolare per quanto riguarda le norme dell’Organizzazione mondiale per il commercio e altri impegni internazionali”. L’esecutivo comunitario vuole intervenire sul mercato, senza però incorrere nel rischio di distorcerlo.
“L’UE è orgogliosa di essere in prima linea nella lotta ai cambiamenti climatici, ma dobbiamo salvaguardarci dalle aziende che spostano la produzione in parti del mondo in cui gli standard sono più lassisti”, dice Gentiloni. “È qui che entra in gioco il meccanismo di adeguamento delle frontiere del carbonio”. Questo meccanismo, aggiunge la presidente von der Leyen, difenderà le imprese. “Siamo pronti a proteggere la nostra industria dal carbon leackage“, la concorrenza sleale di quelle economiche con obiettivi climatici meno ambiziosi e costi di produzione inferiori.