Alla fine, anche nel Coronavirus l’Europa si sta mostrando disunita, peggio, ogni paese reagisce nell’emergenza ricalcando in modo impeccabile vizi e virtù nazionali.
Segno che davanti alla difficoltà rimaniamo sempre quel che siamo. La testa non cambia la pancia. Così in Francia, contro ogni evidenza, l’epidemia non è mai esistita finché non l’ha ufficialmente dichiarata il presidente della Repubblica. Appena il giorno dopo che tutti i media nazionali annunciavano la guarigione dell’ultimo malato francese e al tempo stesso sconsigliavano ai connazionali di viaggiare in Italia, terra del contagio e del cataclisma.
Segno che mentre il fortunato francese del giorno prima guariva, schiere si stavano infettando e proprio nella situazione peggiore: in un ospedale, come accadde da noi e con un paziente zero che non è mai stato né in Italia né in Cina. Ma i francesi credono ciecamente nello Stato e se c’è qualche morto la colpa è sua, non della République.
I tedeschi invece sono più preoccupati dal crollo della borsa che dall’avanzare dell’epidemia. I casi aumentano di giorno in giorno ma gli scienziati (tedeschi) assicurano che tutto è sotto controllo. E la scienza, si sa, in Germania è esatta, come ogni altra cosa del resto. Nessuna zona chiusa in Germania dove i Länder hanno ogni potere ma non i mezzi per isolare intere città. Per farlo, come accadde in Cina, bisognerebbe dispiegare l’esercito. E allora scoppiano le polemiche. Perché questo è un grande tabù in Germania. L’esercito ha l’assoluto divieto, salvo rari casi, di dispiegarsi sul territorio nazionale. Nazismo insegna.
In Belgio invece, paese del surrealismo, non si registra nessun caso. Bruxelles è un fulcro del trasporto aereo internazionale, voli dalla Cina compresi e mai bloccati, capitale europea dove si riuniscono ogni giorno centinaia di persone da tutta Europa, eppure qui il Coronavirus non esiste. Come sarà? Semplicemente perché qui non si fanno test. O meglio, un virologo fiammingo dice di farli e uno vallone dice di no. Tipico litigio permanente in un paese che da più di un anno non ha governo. Niente governo, niente virus. Le direttive ricevute dagli ospedali dicono di trattare ogni caso come un’influenza, salvo complicazioni. Quindi molto probabilmente qui a Bruxelles il Coronavirus c’è, è vivo e lotta con noi. Ce l’abbiamo già avuto tutti e non lo sapevamo.
Poi arriviamo noi italiani, con il nostro melodramma nazionale. Fifoni nei secoli, abbiamo voluto sapere ad ogni costo se eravamo contagiati oppure no. Così giù tamponi a tappeto. E inevitabilmente abbiamo scoperto centinaia di casi che se avessimo lasciato perdere non sarebbero neppure emersi. Solo sulla nostra stampa ci sono pagine e pagine sul Coronavirus con decine di esperti che dicono tutti una cosa diversa e governatori regionali che fanno tutti una cosa diversa eccetto quella che dice il governo. Solo da noi l’epidemia è diventata terreno di scontro politico, solo da noi i supermercati sono stati svuotati, le scuole chiuse, le città deserte, i mercati settimanali sospesi, annullato perfino il circolo di lettura di mia madre: 15 persone… Con la conseguenza che le fabbriche chiudono, la crescita zero incombe, gli italiani vengono respinti alle frontiere di certi paesi, ricaricati in aereo e spediti a casa e nel mondo intero appena uno torna dalla Lombardia lo mettono in quarantena.
E sui social di tutto il mondo infuriano barzellette sugli italiani, come quella che mostra un posto di blocco della polizia e in inglese dice. “Breaking news: Italy switches sides, joins Coronavirus”. Ultim’ora: L’Italia passa dall’altra parte e si allea con il Coronavirus. Come l’epidemia, anche la nostra reputazione di voltagabbana è dura a morire.