Bruxelles – Nessun segno di voler cedere. A decidere il prossimo bilancio pluriennale (2021-2027) non saranno gli Stati membri né tantomeno il Consiglio europeo. L’occasione è quella di un incontro per parlare dell’ultima legge di Bilancio italiana (“La Legge di Bilancio 2020 e lo sviluppo sostenibile” organizzato a Roma da ASVIS, Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile), ma il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, sfrutta il suo intervento per tornare a parlare del quadro pluriennale europeo e per ribadire che sarà l’Eurocamera con la sua indipendenza e forza politica a dire l’ultima parola sul bilancio.
Agli Stati membri che la scorsa settimana non sono riusciti a trovare la quadra sulle risorse da investire nei prossimi sette anni, rinnova l’invito a presentare una nuova proposta all’altezza delle aspettative. Un bilancio ambizioso e che soprattutto vada incontro alle richieste del Parlamento europeo. Li chiama poi “egoisti”, perché convinti che finanziare i programmi dello spazio comune dell’Unione europea sia “penalizzante” per i bilanci nazionali, rispetto alla concorrenza che gli stati membri continuano a farsi nel mercato interno.
Decidere dove mettere le risorse e dove toglierle significa però stabilire cosa sarà di fatto l’Unione europea per i prossimi sette anni. All’inizio della legislatura, ricorda Sassoli, l’UE ha posto come obiettivo prioritario il raggiungimento della neutralità climatica (zero emissioni nette) entro il 2050. Ha scelto di concentrare tutti i suoi sforzi – economici, politici, umani – per renderlo possibile. Tanto meglio riuscire ad arrivarci entro la metà del secolo.
La sfida è far sì che l’Europa diventi leader nel contrasto ai cambiamenti climatici, un modello d’azione che faccia da punto di riferimento per gli altri partner globali. Ma l’ambizione dell’UE deve anche essere quella di non lasciare indietro nessuno dei 27 paesi membri nel corso di questa transizione. Fare in modo “che nessuna azienda resti indietro e che nessun lavoratore vada a casa” dice Sassoli. Per questo le istituzioni devono lavorare alla trasformazione dell’intero modello di sviluppo, riconvertendo l’economia europea.
Cambiare il modello di sviluppo e introdurre una visione più ampia della politica economica significa potenzialmente anche rilanciare crescita e sviluppo, aggiunge il ministro italiano dell’Economia, Roberto Gualtieri. La vera sfida del nostro tempo è quella della sostenibilità e l’Italia ha le carte in regola per diventare il punto di riferimento del Green Deal europeo, “ne ha tutte le capacità e le risorse”. Ma il governo deve fare la sua parte, unito e determinato nel realizzare questo piano, dice Gualtieri, sviluppando anche il concetto di una grande alleanza politica, sociale ed economica che ci consenta di realizzare il cambiamento di cui l’Italia ha bisogno.