Bruxelles – Il Parlamento europeo non ha intenzione di bloccare i negoziati sul prossimo Quadro di bilancio pluriennale (2021-2027), ma è determinato a raggiungere il migliore compromesso possibile. L’opposizione dell’Eurocamera alle proposte fino ad ora avanzate sul prossimo QFP (1,11 del Reddito nazionale lordo da parte della Commissione, 1,074 per cento del RNL da parte del presidente del Consiglio UE Charles Michel) non è una novità. Alla vigilia del vertice dei capi di stato e di governo dell’Ue, il presidente del Parlamento europeo David Sassoli conferma che domani al Consiglio europeo porterà sul tavolo dei negoziati la posizione espressa all’unanimità dagli eurodeputati, pur nella consapevolezza che l’approvazione del bilancio pluriennale non è un processo di “co-decisione” tra Parlamento, Commissione e Consiglio.
Sulla proposta di bilancio però il Parlamento può mettere il veto e “a queste condizioni noi non saremo disponibili ad approvarlo”. Di fronte ai leader dei paesi membri, però, Sassoli riaffermerà anche la volontà del Parlamento di negoziare con il Consiglio per una proposta più ambiziosa, tanto in termini di budget che di risorse proprie. Il parlamento, specifica, non ha alcun interesse a sollecitare una crisi istituzionale.
Anzi, sollecita a fare presto perché alcuni obiettivi a medio termine potrebbero risentirne. Per Sassoli è decisivo che dal vertice di domani il Consiglio adotti una posizione e una proposta per poi capire i passi da compiere subito dopo: iniziare un dialogo con l’Europarlamento oppure presentare ai deputati direttamente la proposta di bilancio da “prendere o lasciare”. A quel punto è chiaro che se la proposta dovesse rimanere quella attuale, la risposta del Parlamento sarebbe negativa.
La proposta di Michel è ben al di sotto delle aspettative, sottolineano i negoziatori dell’Eurocamera. Il veto su quell’1,074 per cento del RNL per una volta mette d’accordo un Parlamento altamente frammentato, superandone la tradizionale dialettica. Per il Parlamento il messaggio da portare al tavolo del Consiglio è uno solo: la proposta così come è stata formulata dal presidente del Consiglio Ue non ha possibilità di passare al vaglio dell’Eurocamera. Non è altro “che la proposta finlandese a cui si aggiungono i 7,5 miliardi di euro “freschi” previsti dal Just transition mechanism (meccanismo di transizione giusta), accusano i negoziatori. Si registra un divario tra le aspirazioni e le ambizioni delle istituzioni europee (Commissione e anche del Consiglio) che riguardano il Green Deal e le altre risorse effettive che si trovano (o non si trovano) nel budget. Per il Parlamento europeo non è solo una questione di cifre, quanto un problema di contenuti e di come questi numeri vengono inseriti all’interno dei programmi di sviluppo per i prossimi anni che Commissione e Consiglio hanno portato sul tavolo del Parlamento per essere finanziati. In entrambe le proposte di Commissione e Consiglio “non ci vediamo crescita e sviluppo e la capacità dell’Unione di affrontare con successo i traguardi che intende perseguire”.
Una delusione su tutta la linea, ricorda Sassoli. Anche in merito ai fondi disposti in favore del fondo di transizione giusta, per accompagnare la riconversione verde degli Stati membri. Una “costola” del Green Deal “davvero strategica perché riuscire a ottenere la leadership nella lotta ai cambiamenti climatici per noi è un obiettivo solo se non lasciamo indietro nessuno, stati membri ma anche aziende e cittadini”. È un bilancio che non “aiuta ad accorciare le distanze presenti nello spazio europeo: se non si accorciano le distanze tra est e ovest, tra nord e sud e tra centro e periferia, l’Ue avrà meno capacità nella competizione su scala globale”.
La posizione dell’Eurocamera sembra al momento ferma, anche perché la sua proposta del 1,3 per cento del Reddito nazionale lordo è stata formulata sulla base di un lavoro di definizione del fabbisogno e delle risorse necessarie dell’Ue secondo tutte le linee e gli indicatori del bilancio. Il presidente del Parlamento Ue si mostra però aperto al dialogo quando si parla delle “risorse proprie” che servirebbero all’Ue per finanziare i suoi programmi senza chiedere ulteriori risorse agli stati membri. Non è scontato che dal vertice dei prossimi giorni non esca una proposta più ambiziosa di quel 1,074 per cento del RNL presentato da Michel, ma il Parlamento sarebbe a quel punto disposto a trattare avendo un quadro più definito di come sarebbe strutturato questo paniere. “Abbiamo apprezzato lo sforzo” del Consiglio di definire un paniere di risorse ma bisognerà capire a partire da quando queste risorse saranno fruibili e soprattutto come si alimenteranno. Per questo, anche i negoziatori dell’Eurocamera sollecitano a includere nell’accordo finale che potrebbe essere finalizzato domani un impegno chiaro e vincolante di introdurre nuove risorse proprie aggiuntive nel corso dei sette anni.
“Sono mesi che il Parlamento europeo chiede a Commissione e Consiglio un piano di emergenza nel caso in cui non si dovesse trovare un accordo sul prossimo bilancio” accusano i negoziatori. Anche Sassoli ricorda che è dal 2018 che il Parlamento ha chiesto di cominciare la negoziazione con Consiglio sul MFF “e sono arrivati in ritardo a presentare una proposta”. Un fatto è certo, se non ci sarà l’approvazione del quadro finanziario pluriennale si aprirà una fase di transizione perché al momento un “piano B” non c’è.