Bruxelles – Sradicare ogni forma di corruzione è la precondizione necessaria e indispensabile per pensare di poter avviare i negoziati di adesione alla comunità europea. Il commissario europeo per l’allargamento e il vicinato, l’ungherese Olivér Várhelyi, intervenendo a un incontro dell’European Policy Center (EPC) dedicato alla nuova politica di allargamento dell’Ue, ribadisce che l’Unione europea farà una proposta politica di avvio dei negoziati di adesione a Macedonia del Nord e Albania solo quando avranno conseguito una serie di riforme richieste da Bruxelles.
Tra le criticità maggiori su cui si basa l’adesione c’è il principio dello stato di diritto, su cui serve dimostrare maggiore chiarezza da parte dell’Unione: “Non ci possono essere doppi standard nello stato di diritto dell’Unione europea” afferma, aggiungendo inoltre che saranno intraprese azioni in caso di carenze evidenti da parte dei paesi con cui sono stati avviati i negoziati o che stanno per essere avviati. Attesa nel mese di marzo dalla Commissione von der Leyen, una relazione valutativa sui progressi delle riforme nei due paesi balcanici per capire se si potranno aprire i negoziati già nel corso del Consiglio europeo di fine marzo. Prima, insomma, del vertice di Zagabria sulle relazioni Ue-Balcani occidentali, in cui la Commissione europea intende lanciare un vasto programma di sviluppo economico della regione, aiutando i paesi a creare crescita e lavoro.
Intanto, il commissario ungherese si dice ottimista sui passi che stanno compiendo Macedonia del Nord e Albania nel senso delle riforme richieste dall’UE, e assicura che Skopje e Tirana (candidati ad avviare i negoziati rispettivamente dal dicembre 2005 e dal giugno 2014) riusciranno a realizzare gli aggiustamenti necessari ai loro ordinamenti per aderire all’Unione europea. A quanto sembra, i vicini dei Balcani sono pronti a superare il congelamento della Francia e di altri paesi, più negativi a sostenere le loro aspirazioni di entrare a far parte dell’UE. Ma ancora nulla è stato deciso e il commissario si mostra cauto nel ribadire che “non è fatta finché non è fatta”.
La questione dell’allargamento dei confini europei, intanto, è tornata ad essere centrale e prioritaria nell’agenda della nuova ‘Commissione geopolitica’ insediatasi lo scorso dicembre. Questo perché l’area dei Balcani occidentali si trova “al centro dell’Europa”, ricorda il commissario, e i sei paesi in questione (Albania, Bosnia, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia) “appartengono di fatto all’Ue”. Várhelyi ricorda i pilastri centrali della nuova strategia europea per l’adesione, dalla necessità di ristabilire la credibilità e la fiducia da entrambe le parti, ovvero rendere chiaro a tutti i paesi membri dell’Ue che l’allargamento è una cosa che riguarda tutti, all’esigenza di restituire al processo di allargamento una dimensione politica.
Ad oggi, la politica dell’allargamento, denuncia, è per lo più considerata un mero “esercizio burocratico”. Restituire all’allargamento una dimensione politica significa renderlo incentrato sul futuro dell’Europa e ridisegnare la sua dimensione grazie alla cooperazione con gli Stati membri dell’UE. Sono loro, in definitiva, che dovranno appoggiare un nuovo processo di allargamento e che si sono mostrati poco disposti. Nel mettere a punto la nuova metodologia del processo di adesione, il commissario afferma infatti di aver ragionato sulle cause principali del diniego da parte degli stati membri.