Bruxelles – “Un’iniziativa opportuna a tutela di un intero comparto”. FACE, Federation of Aluminium Consumers in Europe, ha accolto con favore la decisione della Commissione europea di avviare un’indagine su presunte importazioni in dumping di estrusi in alluminio dalla Cina. L’indagine determinerà se barre, profilati, cavi e tubi prodotti in Cina sono venduti nell’Ue sottocosto e se le importazioni oggetto di dumping hanno causato un danno all’industria europea.
La procedura avviata dalla Commissione europea, spiega una nota, “è totalmente in linea con la visione di FACE e le azioni che la Federazione porta avanti da oltre vent’anni a sostegno dell’industria europea, difendendo gli interessi di tutto il settore dell’alluminio a valle: produttori di semi-lavorati, di getti di fonderia, di parti e componenti di alluminio lavorato e dei consumatori finali”.
“La nostra associazione – spiega il Segretario Generale di FACE, Mario Conserva – considera la overcapacity cinese come una tema di priorità fondamentale a livello mondiale, poiché è utilizzata per inondare l’Europa con enormi quantità di prodotti esportati in dumping che danneggiano gravemente la nostra industria”. Secondo uno studio commissionato da FACE all’Università “LUISS Guido Carli” di Roma e pubblicato nel 2019, la crescita delle importazioni nell’UE di alluminio semi-lavorato è dovuta in gran parte alle esportazioni cinesi sostenute dallo Stato. L’industria europea dell’alluminio, composta per il 95% da Piccole e Medie Imprese di trasformatori a valle, si trova quindi ad affrontare una sfida senza precedenti che mette a repentaglio la sopravvivenza del settore.
“È necessario – chiarisce Conserva – che l’’Unione europea intraprenda azioni coraggiose e incisive per sostenere l’intera catena del valore dell’alluminio europeo. FACE sostiene tutte le iniziative finalizzate a eliminare le attuali distorsioni artificiali del mercato, le misure anti dumping sono un ottimo passo ma dobbiamo assolutamente risolvere il problema di base, il dazio all’importazione dell’alluminio grezzo che è la nostra materia prima, una misura inaccettabile che genera distorsioni ed un prezzo artificialmente più elevato per il settore di circa 1 miliardo di euro all’anno. Sarebbe una grave contraddizione chiedere da una parte misure antidumping contro la concorrenza sleale che ci danneggia con prezzi artificialmente più bassi e dall’altra mantenere una struttura tariffaria di importazioni che aumenta artificialmente il costo della nostra materia prima”.