Bruxelles – Meno, forse anche poche risorse, ma ripartite secondo criterio. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, dopo aver parlato con tutti i capi di Stato e di governo dei 27, mette sul tavolo dei leader dell’UE la sua proposta per il prossimo bilancio settennale (MFF 2021-2027). Non è una rivoluzione copernicana, in termini di denaro. Si propone un contributo dell’1,074% di Reddito nazionale lordo, che si traduce in circa 1.095 miliardi di euro, appena sette in più rispetto a quando prodotto dalla presidenza finlandese di turno. Un miliardo di euro in più all’anno. Non molto. Tuttavia Michel è consapevole che questa è l’unica formula che possa creare consenso.
I sette miliardi in più vanno a finanziare il Green Deal, una delle due priorità dichiarate della proposta Michel assieme al digitale. Proprio per quest’ultimo programma (Digital Europe) aumentano le risorse di 6,6 miliardi, portandole a 6,8 miliardi dagli scarsi 0,2 del ciclo passato. Il resto della proposta vede un incremento di dotazioni finanziarie per quelle che un po’ tutte le parti erano state indicate come strategiche e irrinunciabili, a partire da Erasmus, il programma simbolo dell’UE. Michel lo rafforza con 7,3 miliardi (21,2 le risorse totali, secondo la sua proposta).
Per l’immigrazione e il controllo delle frontiere esterne vengono messi sul piatto 21.9 miliardi di euro, più del doppio rispetto all’attuale ciclo di bilancio (10,1 miliardi per il periodo 2014-2020 di contributi UE a 27, 10,6 miliardi contando anche il Regno Unito, ora non più membro). Anche il capitolo relativo a “sicurezza e difesa” aumenta sensibilmente, da 2 a 14,3 miliardi, la metà dei quali (sette miliardi), per il nuovo Fondo europeo per la difesa. Ancora, aumentano le risorse per vicinato e azione esterna, da 96,3 miliardi a 101,9 miliardi.
In pratica Michel cerca di accontentare quanto meglio può Commissione e Stati membri. Si mettono più risorse alle tre priorità dichiarate dell’esecutivo comunitario e della sua presidente, Ursula von der Leyen (Green Deal, difesa, Europa più forte nel mondo), si evita ai governi un esborso eccessivo di risorse nazionali. Questa formula è la base per un accordo che il belga ritiene possibile. “Ci sono tutti gli elementi per un’intesa”, sostengono in Consiglio.
Il negoziato però non è sgombro da ostacoli. Perché queste scelte penalizzano agricoltura e coesione. Tra primo pilastro (pagamenti diretti) e secondo pilastro (sviluppo rurale) si tagliano oltre 43,3 miliardi di euro (rispettivamente -29 e -24,3 miliardi), e si tolgono 44,5 miliardi ai programmi di politica di coesione, a cui Michel dedica 354,1 miliardi per l’intero settennio. Molte capitali, tra cui Roma, questa ipotesi l’hanno sempre osteggiata. Così come il Parlamento europeo. Si ritiene che il principio di equità possa mettere tutti d’accordo.
I fondi di coesione verranno assegnati sulla base della ricchezza. Chi ne ha di più ne riceverà meno, chi ne ha meno, ne riceverà di più. Vuol dire, in pratica, che in Italia le regioni del Mezzogiorno si spartiranno una fetta più grande della torta complessiva, che oltretutto per il Paese sarà più abbondante. In un contesto di tagli forti, l’Italia si vede assegnare 1,5 miliardi di euro in più rispetto all’attuale ciclo 2014-2020. Per ora il governo mantiene le conquiste ottenute sin qui.