Bruxelles – La Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia dell’UE perché ritiene che il suo regime di accesso alle risorse genetiche provenienti da paesi terzi non funzioni correttamente. Queste disfunzioni, spiega una nota, pregiudicano la capacità delle imprese stabilite in Italia di sfruttare i vantaggi di un simile accesso ai fini di ricerca, produzione e scambi commerciali.
Per risorse genetiche s’intende il materiale genetico di origine vegetale, animale o microbica, come quello delle piante medicinali, delle coltivazioni agricole e delle razze animali, che abbia un valore effettivo o potenziale. Gli obblighi relativi all’accesso e alla ripartizione dei benefici (ABS) implicano la garanzia, per il paese che abbia agevolato l’accesso alle proprie risorse genetiche e alle conoscenze tradizionali (ad esempio in relazione ad alcuni principi attivi di una determinata pianta), di ottenere una quota del prodotto finale (nuovi medicinali, ecc.) sviluppato su tale base.
In risposta a una lettera di costituzione in mora trasmessa dalla Commissione nel gennaio 2018 e di un parere motivato del gennaio 2019, nel luglio seguente l’Italia ha notificato di aver designato le autorità nazionali competenti. Ad oggi, tuttavia, spiega la Commissione, l’Italia non ha notificato le disposizioni di legge che prevedano le sanzioni applicabili in caso di violazione delle norme.
La Commissione ha pertanto deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’UE.
Contesto
Il regolamento (UE) n. 511/2014 sulle misure di conformità per gli utilizzatori risultanti dal protocollo di Nagoya relativo all’accesso alle risorse genetiche e alla giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dalla loro utilizzazione nell’Unione è entrato in vigore l’11 giugno 2014. Il regolamento è applicabile dal 12 ottobre 2014, a seguito dell’entrata in vigore del protocollo di Nagoya.
A norma dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento, ciascuno Stato membro è tenuto a designare una o più autorità competenti responsabili dell’applicazione del regolamento e a comunicare alla Commissione i nomi e gli indirizzi di tali autorità competenti a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento.
A norma dell’articolo 11 del regolamento, gli Stati membri stabiliscono le sanzioni da irrogare in caso di violazione degli articoli 4 e 7. Conformemente all’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento, tali norme dovevano essere notificate alla Commissione entro l’11 giugno 2015.