Bruxelles – Un sistema europeo obbligatorio di registrazione per cani e gatti, una definizione chiara e uguale per tutti degli allevamenti commerciali su larga scala, favorire l’adozione di animali domestici invece del loro acquisto. Sono queste le misure del Parlamento europeo per il contrasto al commercio illegale degli animali da compagnia, come previsto dalla risoluzione approvata a larghissima maggioranza (607 voti favorevoli, 3 contrari e 19 astensioni).
L’Aula riunita a Strasburgo ha dato il via libera alle richieste per nuove norme in materia di benessere animale, chiedendo alla Commissione UE di intervenire. All’esecutivo comunitario si chiede anche “una migliore applicazione” del regolamento sui movimenti degli animali da compagnia a carattere non commerciale, perché le maglie sono troppo poche e i controlli poco capillari.
Si stima che ogni mese vengano scambiati tra i paesi dell’UE circa 46mila cani, per un business complessivo di oltre 5,5 milioni di euro al mese. Cifre ipotetiche, però, perché una larga parte di questi animali non è dichiarata e quindi non tracciabile. Il commercio illegale è anche più redditizio, visto che i cuccioli vengono acquistati a circa 60 euro e rivenduti a prezzi fino a 20 volte superiori, a seconda dello Stato membro in cui si piazza l’animale.
Un problema di frodi economiche e fiscali, ma non solo. Si pongono problemi per la salute animale e per quella pubblica, visto che i movimenti degli animali sono uno dei principali fattori di rischio per la diffusione di malattie degli animali. Un rischio che aumenta con il volume di movimenti incontrollati, come il commercio di animali da compagnia non registrati.
Sulla scia del caso Coronavirus adesso il Parlamento ci riprova. La questione era stata sollevata nel corso della scorso legislatura, con tanto di interrogazione all’esecutivo comunitario. Il commissario per la Salute di allora, Vytenis Andriukaitis, rispose che interventi non erano in agenda. Il motivo è che mentre il movimento transfrontaliero di cani e gatti è regolato dalla legislazione comunitaria, salute degli animali, e quindi anche benessere di cani e gatti, ed in particolare la loro custodia e riproduzione per scopi non commerciali e commerciali, è di responsabilità degli Stati membri degli Stati membri.
La Commissione Juncker ritenne che neppure il principio si sussidiarietà potesse servire. Con la sussidiarietà si sancisce la possibilità a subentrare qualora chi si trova ai livelli più bassi di gestione non sia grado di assolvere i propri compiti. Detto in altri termini, se gli Stati non sono capaci di garantire il benessere animale, l’UE, organismo sovra-nazionale, potrebbe sostituirsi ai governi. Ma si spiegò allora che la salvaguardia di cani e gatti non poteva essere garantita meglio a livello UE, e dunque si lasciò tutto agli Stati senza intervenire.
Ora i parlamentari europei ci riprovano. Il testo non è vincolante, e dunque anche la Commissione von der Leyen potrebbe lasciare cadere l’iniziativa. Ma intanto si riaccende il dibattito.