Bruxelles – Posizioni divergenti, priorità differenti, braccio di ferro sulle cifre. La volontà di finanziare tutto, la consapevolezza di non poterlo fare. E la minaccia di veti incrociati. Sul prossimo bilancio pluriennale dell’UE non sembra muoversi nulla, e a una settimana dal vertice straordinario dei leader convocato per discutere proprio di budget tutto sembra ancora in alto mare. “La presidenza finlandese ha peggiorato le cose e ora siamo ancora più distanti di quanto non lo fossimo sotto presidenza bulgara”, ammette l’eurodeputato ungherese Tamas Deutsch, membro fondatore di Fidesz, in uno degli interventi che meglio riassume il dibattito andato in scena nell’Aula del Parlamento europeo.
Qui la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha difeso la sua agenda. Digitale, difesa, clima: queste le priorità irrinunciabili per l’esecutivo comunitario. “Molti Stati difendono coesione e agricoltura, e giustamente. Mi aspetto la stessa determinazione per difendere le nostre strategie”. E mette paletti chiari: chiede “almeno il 25% delle risorse di bilancio da destinare al Green deal”. Una proposta che le vale il sostegno dei Verdi. “Non accetteremo un bilancio con meno del 25% delle risorse dedicate ai cambiamenti climatici”, scandisce il co-presidente del gruppo Philippe Lamberts, in uno dei primi veti minacciati.
I socialdemocratici (S&D) sono tra quelli non intenzionati a firmare cambiali in bianco. Chiedono un bilancio “sufficientemente ambizioso”, e il gruppo dei popolari (PPE) di cui von der Leyen è espressione si spinge anche oltre. Nessun sostegno ad un bilancio che non comprenda le nostre priorità”, avverte il romeno Siegfrid Muresan prima di chiarire che la lista delle cose imprescindibili è composta da coesione, agricoltura, digitale, difesa e clima. Richieste che suonano eccessive di fronte a tagli che sembrano inevitabili.
L’uscita di scena del Regno Unito implica 75 miliardi in meno per l’intero ciclo settennale. Se tutto va bene i Ventisette copriranno questo ammanco, che a livello nazionale si traduce in maggiori contributi e a livello comunitario un pareggio, ma con più politiche da finanziare. I negoziati non saranno facili e von der Leyen lo sa bene, come lo sa tutto il suo collegio di commissari. Quello responsabile per il Bilancio, l’austriaco Johannes Hanh, fa appello ai deputati europei perché esercitino pressione sui loro leader. “E fondamentale trovare un accordo. Sappiamo che da tradizione sul bilancio non si raggiunge mai un accordo al primo round negoziale, ma è tempo di infrangere le tradizioni”.
Ma come pretendere pressioni sui governi quando le diverse delegazioni parlamentari sono ancora divisi? I sovranisti di Cechia, consapevoli che troppi tagli sono dannosi per il loro sistema Paese, remano contro lo stesso Parlamento. “Dobbiamo tornare alla proposta originaria presentata dalla Commissione”, dice Veronika Vrecionova (ECR). Vuol dire bocciatura della richiesta per contributi nazionali pari all’1,3% del Reddito nazionale lordo, circa 200 miliardi di euro in meno (a prezzi 2018). Ma vuol dire anche netta contrapposizione alle posizioni del Consiglio, che invece preme per contributi complessivi pari all’1,07% del RNL (48 miliardi in meno rispetto alla proposta della Commissione.
Quando si parla di numeri, il belga-fiammingo Jan van Overtveld, ricorda che non ci sono quelli del bilancio, ma soprattutto quelli dell’Aula. “Questo Parlamento, dove il 60% dei deputati è nuovo, non garantirà necessariamente la maggioranza” al bilancio, ancora tutto da definire.
Il bilancio, sin qui, ha avuto come effetto quello di creare alleanze e convergenze impensabili. Pro-europeisti e sovranisti insieme contro le proposte messe sul tavolo, anche se per ragioni diverse. Sono gli europeisti dichiarati a non trovato una quadra e aver complicato il tutto.
L’ultima parola sarà quella del Parlamento, e il Parlamento, sottolinea il presidente della stessa istituzione comunitaria, David Sassoli, “andrà fino in fondo se le ambizioni del Consiglio non saranno le stesse dell’Aula”. Vuol dire bocciatura delle proposte, come già è avvenuto per quella della presidenza finlandese. “E’ insufficiente, vuol dire 240 miliardi di meno” rispetto a quella del Parlamento. “Se abbiamo le risorse per finanziare i programmi vecchi, come li finanziamo i nuovi? Noi vogliamo risorse adeguate per tutti i programmi”. Altrimenti sarà scontro. “Il bilancio comune viene proposto e il Parlamento lo approva. Se non viene approvato, non è un incidente”.