Bruxelles – “Con la Brexit è cambiato il contesto delle prospettive che avevamo offerto nel 2014. Dopo la Brexit la questione che si pone è relativa al futuro. Il nostro desiderio è tornare in Parlamento europeo da Stato indipendente”, ma in modo “giuridicamente valido” così da essere accettati da tutti. Nicola Sturgeon ribadisce una volta di più che il cammino è segnato. La premier scozzese, a Bruxelles per discutere delle prospettive europee della Scozia nell’ambito del dibattito tematico dell’EPC, rinnova l’impegno per la ‘Scotlexit’, l’abbandono di Edimburgo dal Regno Unito.
“Il Regno Unito non è uno Stato obbligato, è l’unione volontaria di Nazioni”. Adesso è tempo di reclamare la propria sovranità, ma non in modo completamente diverso da come fatto dai conservatori (e parte dei laburisti). “La cooperazione in seno all’Unione europea fa sentire di più la nostra voce nelle nostre relazioni internazionali”. Meglio europei che britannici, e Sturgeon lo dice senza troppi giri di parole. “Credo che la nostra sovranità sarebbe accresciuta, non ridotta, con l’appartenenza all’UE”.
Le parole della premier scozzese vanno nella direzione completamente opposta di quella dei tanti brexiters inglesi e dello stesso governo di Londra. Parole che mostrano una volta di più il solco sempre più profondo tra le due delle tre anime della Gran Bretagna. “Che succede adesso? Si lavora per capovolgere la decisione del governo britannico”. Si lavora, quindi, per invertire il processo di uscita dall’UE.
Non sarà facile, ma soprattutto non sarà un progetto immediato. Occorre fare le cose per bene, per dare alla Scozia il posto a cui la nazione costitutiva britannica ambisce. La separazione politica del nord dell’isola dal resto del Regno Unito è soggetto a regole. Serve il consenso di Londra per indire un referendum. Boris Johnson ha già fatto sapere che di indire un altro voto non se ne parla per i prossimi dieci anni. “Ma se la richiesta di indipendenza aumenta sarà difficile per Londra ignorarla”. E dunque, sottolinea Sturgeon, “la mia missione adesso sarà quella di far crescere il sostegno per l’indipendenza”.
E’ un requisito necessario far crescere il movimento indipendentista, aspettare e lavorare per il futuro. Si vuole evitare uno scenario catalano, dove nessuno ha riconosciuto la secessione della ricca regione autonoma spagnola. “Occorre organizzare un referendum legale, perché sia accettato internamente e anche dall’UE e a livello internazionale”. Serve una separazione consensuale, concordata e rispettosa delle regole. Un modello cecoslovacco, insomma. E’ a questo che la Scozia lavorerà da qui in avanti.
“Finché saremo parte del Regno Unito cercheremo di influenzare il governo britannico”, dice Sturgeon, che però ormai guarda oltre il Regno Unito. “Desideriamo costruire ponti con l’Irlanda e l’Unione europea”. Già, l’Irlanda. Anche sull’altra isola c’è chi promette riconsiderare il contesto tradizionale alla luce della Brexit. La riunificazione irlandese non è più un miraggio, e se le cose dovessero mettersi male si potrebbe riscrivere la storia e ridisegnare le mappe, geografiche e politiche.
Le cose rischiano di mettersi non bene. Boris Johnson ha rivendicato il diritto di avere standard diversi da quelli europei, e “questo è un elemento che conta, e molto”. Perché, avverte Sturgeon, “un diverso standard avrà dei costi, e secondo me troppo onerosi”. Rischiano le imprese scozzesi, l’economia nazionale. Per questo “ci batteremo contro questo approccio, ci batteremo per la reciprocità” (la condizione nota come ‘level playing-field, che Bruxelles sta chiedendo con una certa insistenza). Oltre che per l’indipendenza e il ritorno in Europa.