Bruxelles – Uber, Airbnb, Blablacar, TaskRubbit e compagnia piacciono agli europei. I servizi offerti dall’economia collaborativa hanno nell’UE una domanda, e dunque rappresentano una fetta importante del giro di affari che si produce nel territorio dei Ventisette. Stando ai dati diffusi da Eurostat, nel 2019 un cittadino dell’UE su cinque (21%) ha trovato alloggio per le proprie escursioni grazie allo smartphone e ai servizi on-line. In pratica oltre 100 milioni di europei (107.829.051) hanno fatto ricorso a privati e società che trovano camere o appartamenti grazie a siti internet e app.
Per spostarsi, poi, i tradizionali bus, metro e taxi restano sicuramente la soluzione più gettonata. Ma ben 41.077.734 europei hanno scelto di affidarsi a servizi di trasporto alternativi disponibili sul web. Insomma, l’economia collaborativa ha il suo fascino, e prende piede. Come dimostrano anche i dati dell’Italia.
Gli italiani dimostrano in realtà una certa riluttanza nell’utilizzo delle nuove tecnologie per organizzare soggiorni e spostamenti, almeno a guardare i dati percentuali. Il Paese è 12esimo su 27 per ricorso a servizi on-line. Appena il 21% della popolazione ha cercato un posto letto grazie alle apposite app. Visto in termini assoluti, però, tutto cambia. L’Italia, con 12.675.504 di individui con più di 16 anni di età a usufruire dei servizi di economia collaborativa per l’alloggio, è quarta per domanda dietro Regno Unito (22.660.018) Germania (18.078.650) e Francia (16.659.597).
A questo si aggiungono poi 3.621.572 di italiani che fanno uso di servizi privati per organizzare i propri trasporti urbani ed extraurbani. In pratica una persona su 20 (6%), ma che contribuisce ad alimentare un modello economico e di spostamento sempre più in voga.
L’economia collaborativa (o ‘sharing economy’, secondo la dicitura inglese) designa tutte le attività economiche che comportano transazioni in rete. Non si tratta di imprese strutturate, quanto iniziative ‘dal basso’. Grazie alla nuove tecnologie professionisti e consumatori, e più in generale privati cittadini, mettono a disposizione competenze, tempo, beni e strumenti per attivare circuiti economici. Blablacar e Aibnb sono solo alcuni degli esempi.
I dati Eurostat riaccendono il dibattito su un tipo di economia non regolamentata in alcun modo a livello UE. Tutto è rimesso ai singoli Stati, con il risultato di 27 diverse legislazioni e regolamentazioni. A inizio di giugno 2016 la Commissione Juncker ha varato una comunicazione in materia esortando i governi ad una armonizzazione delle regole, ma l’iniziativa non ha trovato seguito in Consiglio. Nonostante l’aumento della domanda.
Mettendo a confronto i dati, si vede come in appena due anni, tra il 2017 e il 2019, è cresciuto di oltre 15 milioni il numero dei cittadini dell’UE che ha fatto ricorso ai servizi di sharing economy per trasporto e sistemazione (92.048.142 contro 107.829.051). Solo in Italia è cresciuto più del 20% in due anni. Nel 2017 erano 10.300.205 gli italiani ad aver cercato un posto dove dormire grazie all’economia collaborativa. Vuol dire, in media, una crescita di un più di un milione di utenze in un anno (12.675.504).