Bruxelles – Niente esclusione automatica di un concorrente per un appalto pubblico se uno dei sub-fornitori non rispetta le normative ambientali, sociali e del lavoro senza dare all’impresa la possibilità di difendersi. Dunque la legge italiana viola le norme europee. Lo ha stabilito oggi una sentenza della Corte europea di Giustizia in una causa intentata da TIM contro CONSIP.
Nel 2016, la Consip – società per azioni, partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che opera al servizio esclusivo della Pubblica Amministrazione – ha indetto una gara a procedura aperta per l’affidamento della fornitura del Sistema WDM per l’interconnessione del Centro di elaborazione dei dati (CED) dei Dipartimenti della Ragioneria Generale dello Stato, del Tesoro e degli Affari generali.
Nel corso della procedura di selezione, uno dei tre subappaltatori eventuali indicati da TIM s.p.a. è risultato non in regola con le norme che disciplinano l’accesso al lavoro dei disabili. A seguito di tale accertamento, CONSIP ha disposto l’esclusione dalla procedura della concorrente TIM, in applicazione del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016).
TIM ha proposto un ricorso innanzi al TAR Lazio, chiedendo l’annullamento del provvedimento di esclusione per il suo carattere ingiusto e sproporzionato nonché contrario alla direttiva 2014/24 in materia di appalti pubblici, la quale, secondo TIM, non consentirebbe l’inflizione di una siffatta sanzione all’operatore economico concorrente alla gara in caso di riscontro di un motivo di esclusione a carico del subappaltatore, tanto più quando tale operatore, come nel caso di specie, possa comunque avvalersi, per l’esecuzione della commessa, di altri subappaltatori, anch’essi designati in sede di gara.
Il TAR Lazio ha quindi rimesso alla Corte di giustizia la questione interpretativa della direttiva, in particolare chiedendo:
– se sia compatibile con la direttiva la normativa italiana secondo cui, quando uno dei subappaltatori indicati in sede di offerta si rivela privo dei requisiti, anziché prevederne la sostituzione, prevede l’esclusione dell’offerente;
– se la risposta al primo quesito fosse positiva, se la suddetta normativa nazionale sia compatibile con il principio di proporzionalità, principio generale del diritto dell’Unione, nella misura in cui l’esclusione sia disposta anche quando vi siano altri subappaltatori non esclusi e in possesso dei requisiti per eseguire le prestazioni da subappaltare oppure l’operatore economico offerente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni.
Con la sua odierna sentenza, la Corte osserva che “il diritto dell’Unione non osta ad una normativa nazionale, come quella italiana, secondo cui l’amministrazione aggiudicatrice ha la facoltà, o addirittura l’obbligo, di escludere l’impresa offerente qualora a carico di uno dei subappaltatori menzionati nell’offerta venga constatato un motivo di esclusione”.
La Corte sottolinea che, alla luce del principio di proporzionalità (principio generale del diritto dell’Unione), è tuttavia “illegittimo qualsiasi automatismo nell’esclusione di un’impresa dalla gara d’appalto. Ciò significa che, da un lato, l’impresa deve avere la possibilità di dimostrare la propria affidabilità malgrado la constatazione di una violazione come quella di cui trattasi e, dall’altro, l’amministrazione aggiudicatrice deve tenere conto, ai fini della valutazione della situazione, di una serie di elementi concreti, come, ad esempio, i mezzi di cui l’offerente disponeva per verificare l’esistenza di una violazione in capo ai propri subappaltatori, o la presenza di un’indicazione, nella sua offerta, della propria capacità di eseguire l’appalto senza avvalersi necessariamente del subappaltatore in questione.
Pertanto, secondo la Corte, la normativa italiana è contraria al diritto dell’Unione nella misura in cui prevede l’esclusione automatica dell’impresa offerente quando sia constatata, a carico di uno dei subappaltatori indicati nella sua offerta, una violazione degli obblighi in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro, senza possibilità per l’impresa di difendersi e provare comunque la propria affidabilità.