Di Anna Ciancio
L’uguaglianza tra donne e uomini è un valore fondamentale dell’Unione europea, che sostiene la parità di genere all’interno delle istituzioni politiche e non solo. Per farlo, l’UE si avvale anche dell’EIGE (Istituto europeo per l’uguaglianza di genere), che dal 2007 raccoglie e analizza i dati sulle disuguaglianze di genere in Europa. Nonostante questo sostegno, le donne continuano ad essere sottorappresentate sia in politica che nella vita pubblica.
Nel corso degli anni la percentuale di donne europarlamentari è cresciuta. Dal 1952 al 1979 le eurodeputate in carica sono state soltanto 31. Con le prime elezioni dirette del Parlamento europeo la quota femminile è arrivata al 15,2%. La percentuale delle donne nel Parlamento europeo è poi cresciuta costantemente a ogni elezione, tanto che oggi le donne rappresentano il 40,4%, degli europarlamentari, la percentuale più alta mai raggiunta fino ad ora. La rappresentanza femminile all’interno del Parlamento europeo è al di sopra della media sia mondiale che dei parlamenti nazionali, senza considerare che due leader europei di grande potere sono donne: Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea e Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea.
Dei 28 Stati membri dell’Ue, pochi possono vantare una donna come capo del governo. Tra questi troviamo la Finlandia, con Sanna Marin; a seguire abbiamo la Danimarca, la Germania, il Belgio e la Norvegia. In Europa ma fuori dall’UE c’è anche l’Islanda. Inoltre tre esecutivi in Europa hanno più ministre che ministri: la Svezia, la Francia e la Spagna. Il Paese Ue con meno donne al governo è invece la Lituania, con una sola ministra su 14, mentre Cipro, Estonia, Grecia, Malta e Ungheria hanno solo due ministre a testa. Infine Lettonia, Romania e Belgio ne hanno soltanto tre. Il Governo di Giuseppe Conte ha invece sette ministre donne su 21 (un terzo), una percentuale uguale a quello del Regno Unito di Boris Johnson. Con una maggioranza di oltre il 40% di ministre, ma meno del 50%, troviamo L’Austria e i Paesi Bassi.
Anche nel mondo del lavoro la presenza femminile è piuttosto bassa, circa il 66,4%. Inoltre, a parità di incarico le donne guadagnano meno degli uomini e ricevono pensioni più basse, con maggior rischio povertà rispetto ai maschi. Un fatto già denunciato da Ursula von der Leyen, la quale ha dichiarato in più di una occasione che anche su questo tema l’Unione ha bisogno di un cambiamento. Tale cambiamento potrà, tra l’altro, fare leva sul principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro, sancito dai trattati europei sin dal 1957 (e, attualmente, dall’articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il TFUE). L’articolo 153 del TFUE, inoltre, consente all’UE di intervenire nell’ambito più ampio delle pari opportunità e della parità di trattamento nei settori dell’impiego e dell’occupazione.