Bruxelles – Le prospettive per il settore dell’auto non promettono bene. Per il 2020 le immatricolazioni di nuove vetture è previsto in calo (-2%), e a questo andamento non favorevole si aggiungono gli interrogativi che pone la strategia della Commissione europea per la sostenibilità, il Green Deal. Lo rileva l’Associazione dei costruttori europei di automobili (ACEA), in occasione dell’incontro con la stampa organizzato a Bruxelles per presentare il contributo dell’industria del settore per l’attuazione dell’agenda verde dell’esecutivo comunitario.
La strategia dei produttori dell’auto si concentra in 10 punti, che chiedono in sostanza più flessibilità e maglie più larghe. Ecco quindi la richiesta alla Commissione di non imporre determinate tecnologie per specifici segmenti di veicoli e scoraggiare i divieti nazionali e locali su tecnologie specifiche che possono apportare ulteriori miglioramenti nella produzione di CO2.
Il settore è pronto a fare la sua parte, come richiesto dalle normative esistenti e come richiesto dal piano in divenire. Ma l’approccio complessivo di ACEA vuole una condivisione degli oneri. I produttori si impegnano a migliorare l’efficienza dei motori e prevedere combustibili alternativi a quelli da fonti fossili, a patto che le infrastrutture “vengano realizzate e attivate rapidamente”, sottolinea Michael Manley, presidente ACEA e amministratore delegato del gruppo FCA.
Non si chiude la porta all’idrogeno, ma “il mercato deve essere sviluppato”, e lo stesso vale per l’elettrico. “La transizione comunque avrà dei costi” e l’UE dovrà farsene carico. L’industria dell’auto chiede che sia l’Unione europea a prevedere meccanismi di qualifica e riqualifica professionale richieste per la trasformazione del comparto, e al sostegno alla ricerca e all’innovazione. Non solo. “Siccome le nuove tecnologie a basse emissioni sono costose, riteniamo che schemi di incentivi dovrebbero essere previsti”, dice ancora Manley.
Il presidente ACEA sveste quindi i panni del numero uno dell’associazione dei produttori europei per rivestire quelli di amministratore delegato di Fiat, per parlare, a margine, dell’avvenire del suo gruppo. “Ci vorranno 12-14 mesi” per completare la fusione con i francesi di Peugeot, “perché ci sono molti paesi in cui operiamo” e dunque tanti aspetti da dover considerare e gestire. “Non si tratta di un ritardo, è che ci vuole tempo”, precisa. La fusione dunque si farà, e non sulla pelle degli operai. Non per il momento, almeno. “Entrambe le case hanno la reputazione d essere molto snelle”, e dunque l’intervento sugli stabilimenti “non si tratta di un obiettivo primario”. Viceversa “le sinergie sono il nostro vero focus”.