Bruxelles – Nessuna decisione concreta. Solo la presa d’atto che nella conferenza di Berlino per favorire il dialogo in Libia di ieri si è convenuto su una tregua e non su un vero e proprio accordo tra Fayez al Sarraj e Khalifa Haftar per il cessate il fuoco. Questo il bilancio del secondo Consiglio Affari esteri convocato in un solo mese a Bruxelles che ha visto al centro di nuovo la ripresa escalation dentro e fuori Tripoli. L’occasione per una prima valutazione dei risultati raggiunti ieri dalla diplomazia tedesca.
“Ieri a Berlino è stata una buona giornata. Abbiamo creato un buono slancio. Dobbiamo usarlo per fare progressi verso una soluzione”, aveva dichiarato l’Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza UE, Josep Borrell, arrivando al Consiglio Esteri dell’Ue. “Un cessate il fuoco richiede qualcuno che se ne occupi”, afferma e proprio del monitoraggio del cessate il fuoco e dell’embargo sulle armi stabilito dalle Nazioni Unite hanno discusso oggi i ministri degli Esteri. Queste saranno anche le priorità del prossimo Consiglio Affari Esteri di febbraio, ma nel frattempo, sottolinea Borrell, occorre intanto arrivare a rendere effettivo il cessate il fuoco.
E mentre lo stop definitivo ancora non è stato di fatto raggiunto, Bruxelles valuta ancora la possibilità di una missione UE in Libia, sotto l’egida ONU, per il monitoraggio del cessate il fuoco. “Su questo stanno riflettendo i ministri degli Esteri europei” ha detto questa mattina Borrell. Anche se, per ora, non è stato deciso nulla sulle caratteristiche della missione a guida UE. L’Alto rappresentante, però, menziona la possibilità di rivitalizzare la missione europea “Sophia”, l’operazione militare di sicurezza marittima lanciata proprio da Bruxelles, circoscrivendone il raggio di azione al solo monitoraggio dell’embargo ONU sulle armi. Per questo, in conferenza stampa, Borrell parla di una “rifocalizzazione” dell’operazione Sophia – di fatto depotenziata già nel 2019, impedendole il pattugliamento delle acque del Mediterraneo – che dovrebbe essere riorientata esclusivamente al controllo del flusso di armi che entrano in Libia. A chi gli domanda se la nuova operazione Sophia avrà anche a che fare con il salvataggio dei migranti in mare e al pattugliamento del Mediterraneo, il capo della diplomazia europea precisa che l’operazione Sophia già nasceva con un doppio mandato, quello del controllo del traffico di uomini e, insieme, di armi.
Sul tema è più cauto il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio, per cui la missione “Sophia va smontata e rimontata in maniera completamente diversa, perché deve diventare una missione per non fare entrare le armi in Libia per rispettare l’embargo e nient’altro. Questo deve fare, deve fare in modo che le due parti possano iniziare un processo politico che porti alla piena unità e sovranità della Libia e noi come Europa possiamo essere in prima linea per fare rispettare gli accordi”. Per l’ex premier e ora commissario agli Affari Economici, Paolo Gentiloni, “andranno verificate le condizioni con i paesi interessati, ma in un momento come questo avere in mano una missione navale europea può avere solo risvolti positivi”.
Al termine del vertice dei ministri degli Esteri europei è chiaro che a Bruxelles interessi una missione europea di monitoraggio del cessate il fuoco e al contempo di controllo sul divieto di fare entrare armi. Ma senza il cessate il fuoco, avverte l’Alto rappresentante, è impensabile un maggior coinvolgimento dell’UE nel dossier libico.