Roma – Accordo fatto per una soluzione non militare. La bozza preaprata dagli sherpa sotto la supervisione dell’Onu è stata firmata senza correzioni rilevanti. L’ultima salita resta il via libera per un impegno più stringente delle due parti in conflitto rappresentate da Fayez al Sarraj e Khalifa Haftar. I due rivali a Berlino sono rimasti rigorosamente a distanza e informati costantemente sul negoziato.
Alla conferenza sulla Libia di Berlino non si poteva chiedere di più, viste le premesse e i giochi al rialzo delle ultime ore. I 55 punti approvati da tutte le rappresentanze “extra libiche”, sono sicuramente un successo diplomatico di Angela Merkel, tessitrice molto influente, rimettendo in gioco anche l’Unione europea. Ed è stata la cancelliera padrona di casa insieme al segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ad annunciare gli esiti in una conferenza stampa alla fine di una giornata di negoziati molto intensa.
Un passo significativo quello fatto a Berlino dalla comunità internazionale, c’è l’embargo delle armi e soprattutto l’impegno di tutti i firmatari a ritirarsi dalle interferenze, specialmente di supporto militare. “Tutti hanno ribadito che non c’è una soluzione militare al conflitto”, ha detto il segretario delle Nazioni unite che ha messo in luce il contributo dei membri dell’Onu che hanno partecipato alla conferenza.
“La pace” ancora non c’è, la firma di Al- Sarraj e Haftar non è stata messa ma quanto meno c’è la disponibilità a fare un passo avanti indicando i rappresentanti al comitato militare che da domani dovrà sovraintendere al rispetto della tregua. “Dobbiamo andare per gradi, ora dobbiamo ottenere il cessate il fuoco permanente – ha detto Angela Merkel – ma è importante che le due parti abbiano capito di dover dare un apporto costruttivo”. È la formula che la Cancelliera utilizza per descrivere l’esito della conferenza come un bicchiere mezzo pieno, soprattutto visti i presupposti con cui le diplomazie erano arrivate a Berlino.
Nell’intesa finale l’approccio dei 55 punti prevede la novità dei cosiddetti “seguiti”, i passi successivi del percorso di stabilizzazione che prevede il monitoraggio attraverso il Comitato militare e la convocazione di un prossimo appuntamento a Ginevra fra un mese.
I due contendenti non hanno firmato, “non erano al tavolo ma confidiamo che anche loro ora s’impegnino per il cessate il fuoco”, ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che sottolinea il risultato non scontato: “significa che c’è stato tanto lavoro prima e per merito anche dell’Italia”.
L’impegno a restare fuori dal conflitto da parte dei soggetti esterni sembra essere il punto più delicato dell’intesa, così come il rispetto dell’embargo delle armi che in questa fase non prevede sanzioni come richiesto da alcuni Stati europei. Resta sullo sfondo anche l’ipotesi di una forza di interposizione, “l’Italia se necessario farà la sua parte”, ha detto il premier italiano, anche se un intervento di questa natura è decisamente prematuro.
Il tracciato disegnato a Berlino non tralascia anche un approccio economico, naturalmente legato al negoziato politico. È il secondo binario che prevede un percorso per determinare in Libia, le riforme economiche, il ruolo della banca centrale, gli investimenti e la governance della società nazionale dell’energia. Proprio i proventi della produzione petrolifera e la gestione dei pozzi restano gli aspetti più controversi del conflitto che non dimentichiamo coinvolge anche decine di tribù in lotta dalla caduta di Mu’ammar Gheddafi.