Bruxelles – Dice tutto quello che ha da dire. Senza attacchi, ma senza risparmiare affondi. Critiche agli europei, per il loro far poco. Critiche agli israeliani, per il loro troppo agire. Abdullah II, re di Giordania, è l’interlocutore privilegiato dell’occidente in una regione difficile, problematica, mai stabile e oggi completamente destabilizzata. La guerra in Yemen, la guerra civile in Siria, le fragilità dell’Iraq, le tensioni in Iran, i conflitti in Palestina, la precarietà del Libano. Un’area dove si continua a fare tanto, senza realizzare mai veramente nulla. Un problema.
“Un mondo pacifico non potrà mai esserci senza un Medio Oriente stabile”, dice il re di Giordania. “Ma un Medio Oriente stabile non ci sarà mai senza una soluzione del conflitto tra israeliani e palestinesi”. Ed ecco la critica contro Tel Aviv. “E’ stata proposta una soluzione a due Stati, ma uno Stato sta proponendo una soluzione insostenibile”. Nell’area “le violenze continuano, gli insediamenti proseguono, l’indifferenza per il diritto internazionale continua”. Un modo per dire che l’Europa, che in quel diritto internazionale si ritrova, dovrebbe fare di più per far rispettare e farsi rispettare.
Quello arabo-israeliano è certamente “IL” nodo, ma non l’unico problema. Il sovrano di Giordania pone delle domande ai parlamentari europei. Tanti quesiti ipotetici, ma che data la situazione sono più realistici di quanto possa sembrare. “Cosa succede se l’Iraq fallisce nell’impegno di salvare il suo popolo?” O ancora, “cosa succede se” i terroristi tornano a farla da padroni in Siria, o dovesse esplodere una nuova crisi migratoria? Tutti scenari concreti. Se l’Europa e i suoi Stati membri vogliono evitare altri momenti difficili devono intervenire là dove serve. Il problema è il destino della regione passa per le decisioni di altri. Vladimir Putin, o Donald Trump. L’intervento del re di Giordania è allora un invito all’Europa a dotarsi, finalmente, di una vera politica estera.