Roma – Il generale Khalifa Haftar ha lasciato Mosca senza firmare l’intesa sulla tregua negoziata nella giornata di ieri, che era stata già siglata dal capo del governo libico nazionale Fayez al Serraj. Il comandante dell’esercito nazionale libico ieri aveva chiesto più tempo per accettare le richieste inserite nella bozza di accordo che prevedeva sette punti ma nella notte ha lasciato la capitale russa. Secondo alcune fonti avrebbe fatto scalo in Giordania prima di tornare a Bengasi per approfondire con i suoi uomini i termini dell’intesa e proporre delle modifiche. Fonti del Cremlino hanno spiegato che il capo dell’esercito nazionale vuole firmare l’accordo ma ha chiesto altri due giorni di tempo. I tempi della ripresa dei colloqui però
non sono stati comunicati.
“Ora occorre unire gli sforzi e agire in un’unica direzione per spingere tutte le parti libiche a raggiungere accordi piuttosto che sistemare le cose militarmente”, ha commentato il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, uno dei protagonisti principali del negoziato, aggiungendo che “gli sforzi per giungere a un risultato continueranno”.
La decisione di Haftar di alzare il prezzo della trattativa ha messo subito in allarme le cancellerie internazionali impegnate nei preparativi della conferenza sulla stabilizzazione della Libia che dovrebbe svolgersi domenica a Berlino. Il punto è stato fatto questa mattina durante una telefonata tra Angela Merkel e Vladimir Putin. Salvo altri imprevisti la convocazione per il 19 resterebbe confermata come ha assicurato il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte che dopo la missione ad Ankara e il colloquio con Erdogan, oggi è atterrato al Cairo per incontrare Al Sisi. L’Egitto è tra i paesi sponsor dell’uomo forte della Cirenaica che non vuole rinunciare alle posizioni acquisite nell’avanzata verso Tripoli.
La tregua pur molto precaria per ora sembra reggere e secondo il premier italiano “l’importante è che ci sia un cessate il fuoco sostanziale e si possa indirizzare tutto questo verso una direzione politica”. Rispondendo ai giornalisti su un possibile impegno militare per monitorare la tregua, Conte ha detto che “ne parleremo a Berlino: se ci saranno le premesse e riusciremo a dare un indirizzo politico a questa crisi libica, l’Italia e’ sicuramente disponibile a farlo ma dobbiamo creare tutte le premesse di sicurezza. Non manderemo uno solo dei nostri ragazzi
se non in condizioni di sicurezza”.
Da Bruxelles intanto il presidente del Comitato Economico e Sociale (CESE) Luca Jahier fa un’appello a nome della sua istituzione ritenendo “che vi sia un urgente bisogno di soluzioni che favoriscano la calma e la pacificazione per tutti i conflitti e le situazioni sensibili in tutto il mondo e in particolare in Medio Oriente e Libia. Chiediamo una riduzione della spirale di violenza” . Secondo Jahier “l’Unione europea deve parlare con una sola voce su tutti gli aspetti della politica estera, dato che molte crisi che si verificano nelle immediate vicinanze dell’UE, compresa la migrazione e la crisi dei rifugiati, sono correlate”. Come “per i negoziati sulla Brexit – aggiunge Jahier -, l’Europa deve essere unita e parlare con una sola energica voce quando afferma la nostra posizione sulla complessa scena internazionale”.
Il 30 gennaio il CESE terrà una riunione speciale dedicata alla crisi in Medio Oriente e al ruolo della società civile.