Roma – Il referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari si farà. Quando, è tutto da scoprire, perché potrebbe essere condizionato dall’eventuale conclusione anticipata della legislatura. Le firme necessarie per poter svolgere la consultazione sono state depositate questo pomeriggio alla cancelleria della Corte di Cassazione che ora dovrà verificarne la validità.
La norma prevede che per chiamare gli elettori alla conferma della modifica costituzionale approvata dal Parlamento, serve la richiesta di 500 mila elettori oppure 5 consigli regionali o un quinto dei membri di una Camera. Ed è questa la scelta adottata dai promotori che tra retromarce dell’ultima ora, sono riusciti sul filo di lana a depositare 71 firme di senatori in formazione trasversale: buona parte di Forza Italia, ex Cinquestelle, del gruppo misto, radicali e il soccorso di qualche leghista. Una pattuglia criticata dal M5S che ha fatto della legge Costituzionale, una delle sue battaglie principali.
A legislatura in corso il referendum dovrebbe tenersi sul finire della primavera, e per dare piena validità alla riduzione dei parlamentari (i deputati passano da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200), non sarà necessario raggiungere il quorum. Se invece la legislatura dovesse interrompersi prima, si andrà al voto con le vecchie regole, rimandando tutto alla prossima tornata.
È uno dei motivi che ha animato il dibattito perché il referendum condizionerebbe in un modo o nell’altro la legislatura a prescindere dalle condizioni politiche e anche in presenza di una maggioranza dai numeri sempre meno solidi. In pratica c’è chi pensa che il voto per il taglio metterebbe al riparo da nuove elezioni mentre al contrario c’è chi sostiene che per spostare la riduzione più avanti possibile è meglio anticipare le elezioni e rimandare il referendum magari al prossimo anno.
Tutto semplice? Neppure per idea, mai una volta la politica italiana ha lasciato i giochi senza variabili e allora a rendere ancora più pericoloso l’incrocio istituzionale c’è un altro referendum, questa volta abrogativo della parte proporzionale della legge elettorale, sui cui la Corte Costituzionale dovrà esprimersi la prossima settimana.
Le complicazioni non finiscono se si mette sul piatto anche la legge elettorale su cui sono cominciate le grandi manovre, con la maggioranza che sta cercando la quadra ma in direzione opposta, ovvero su un sistema di tipo proporzionale con sbarramenti e diritto di tribuna.