Bruxelles – In Libia serve ridurre le tensioni per evitare ulteriori escalation: i recenti sviluppi nella regione dimostrano che “la crisi rischia uscire fuori controllo”. Lo sottolinea l’alto rappresentante per la Politica Estera dell’UE, Josep Borrell, che ha riunito a Bruxelles i ministri degli Esteri dei 28 in un vertice straordinario “per mandare un forte segnale di unità e di impegno a livello europeo, prima che sia troppo tardi”. Oggi, rivela Borrell, gli omologhi europei gli hanno dato mandato “per far si che le attività diplomatiche portino a una soluzione politica” nel quadro del processo di Berlino “sperando in un cessate il fuoco da entrambe le parti”. A quel punto, aggiunge, l’UE dovrà adottare misure per il monitoraggio del cessate il fuoco e per il controllo e rispetto dell’embargo sulle armi.
In conferenza stampa l’Alto rappresentante snocciola qualche dato fornitogli dall’inviato speciale dell’Onu per la Libia, Ghassan Salamé, presente oggi a Bruxelles, sui rischi in aumento in Libia connessi all’escalation militare dentro e fuori Tripoli. Quello del terrorismo, prima di tutto. E sottolinea, citando Salamé, la presenza sempre più consistente di combattenti stranieri provenienti dalla Siria e dal Sudan. A questo si aggiunge il rischio di una destabilizzazione dell’intera regione, motivata anche dalla presenza di nuovi attori internazionali che in Libia si stanno facendo protagonisti a discapito dell’Unione: Russia e Turchia. Tutta la situazione geopolitica attuale nel Mediterraneo centrale – mette in allarme il capo della diplomazia UE – potrebbe cambiare. Non ultimo il rischio di un aumento dei flussi migratori provenienti dall’Africa. Borrell cita oltre “700 mila persone provenienti dall’Africa sub-sahariana che lavorano in Libia”. Di questi “non tutti vogliono arrivare in Europa”, spiega, “ma a seconda delle condizioni in Libia potrebbero decidere di emigrare perché potrebbero perdere il loro posto di lavoro”.
L’incontro tra i 28 ministri degli Esteri, a cui hanno preso parte anche Salamé e il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, arriva quando la situazione in Libia è sul punto di precipitare. Ieri il generale libico Khalifa Haftar ha respinto la proposta di cessate il fuoco avanzata da Turchia e Russia e accettata invece dal primo ministro libico Fayez al Sarraj. Il generale ha posto come precondizione per una tregua l’abbandono delle milizie da Tripoli, mentre Putin e Erdogan avevano lanciato l’appello di posare le armi a partire dalla mezzanotte di domenica 12 gennaio.
Dal vertice di oggi, in sostanza, nulla di nuovo rispetto a quanto concluso martedì nel corso del colloquio ristretto tra i ministri degli Esteri di Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna e l’alto rappresentante che da Bruxelles hanno chiesto il cessate il fuoco immediato e lo stop alle interferenze da parte di stati terzi (vedi Russia e Turchia). Intanto una data per la Conferenza di Berlino per favorire il dialogo sulla Libia ancora non c’è. Il ministro Luigi Di Maio, in uscita dal Consiglio, ribadisce l’interesse dell’Italia ad “individuare la data prima possibile della Conferenza di Berlino che ci permetterà di mettere intorno ad un tavolo tutti gli attori protagonisti della crisi libica”. E si pronuncia anche sull’embargo contro le armi imposto dalle Nazioni Unite “che andrebbe fatto rispettare, ma in Libia le armi in realtà continuano a entrare via mare, via terra e per via aerea”.